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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

Annunciata come la grande novità nelle dichiarazioni dei redditi del 2012, adesso rischia di rivelarsi un fallimento. Si tratta della possibilità di destinare il proprio 5 per mille, la quota che viene detratta annualmente dalla dichiarazione di imposta sulla persone fisiche (Irpef), agli enti no profit che sostengono le attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici. Un passo in favore di uno dei settori cardine della nostra economia, la cui finalità è quella di promuovere e soccorrere questo comparto dove spesso i finanziamenti sono carenti e mancano aiuti diretti da investire nel patrimonio.
Questa possibilità è prevista dalla scorsa estate grazie all’articolo 23 del DL 98/11, tuttavia, mentre in tutti gli altri riquadri dove compaiono organizzazioni di volontariato, ricerca scientifica e universitaria e associazioni sportive dilettantistiche è presente lo spazio per indicare il codice fiscale dell’organizzazione, nella sezione appena inaugurata sarà possibile solo mettere la propria firma senza specificarne il beneficiario. Ad accorgersi dell’impasse e a sollevare la polemica è stato per primo il Fai, associazione principale nel settore della tutela e valorizzazione del patrimonio italiano. In assenza infatti della casella per inserire il codice fiscale dell’ente preposto, il contribuente non può decidere a chi inviare la propria quota d’imposta e, pertanto, tutto il ricavato andrà direttamente nelle casse del Ministero dei Beni Culturali. La scelta dei cittadini di scegliere a chi assegnare il 5 per mille rappresenta lo spirito fondamentale della norma con cui è stato istituito nella manovra finanziaria del 2006. Principio che è stato riconfermato con la sentenza della corte costituzionale n. 202/2007 in cui viene ribadita questa finalità.
Tuttavia, in assenza di criteri chiari e trasparenti su come verranno portate avanti le procedure di assegnazione di questi fondi, in molti hanno manifestato perplessità e dubbi in merito. Perché, sebbene uno dei principi fondamentali sia quello di sapere esattamente quale sarà la destinazione dei proventi, ad oggi non è ancora stata stilata la lista degli enti preposti. Il Ministero infatti sta lavorando alla compilazione dell’elenco in questi giorni e non ha ancora comunicato quali saranno i criteri utilizzati per selezionarne i componenti. Si tratta di un argomento delicato riguardo il quale lo stesso ufficio legislativo ministeriale, contattato dalla redazione di Tafter, preferisce non rilasciare dichiarazioni. L’unico elemento certo in data odierna è che il CUD e il 730 delle dichiarazioni di quest’anno sono stati stampati senza la casella dei codici fiscali. Chi deciderà dunque di destinare la propria quota a questo settore lo farà con la consapevolezza che tali fondi andranno direttamente nelle casse ministeriali e che poi sarà di competenza dei tecnici ripartirli. Non è dato sapere però secondo quali parametri, come non è sicuro che tali criteri di valutazione verranno resi noti e non è chiaro in che modo questi fondi verranno ripartiti.
Forse, non a caso, il Fai ha consigliato a tutti coloro che vorranno donare questi soldi alla loro associazione, di firmare nella sezione volontariato dove la casella per scrivere il codice è presente sin dal 2006, anno in cui è stato istituito il 5 per mille. Per avere così la certezza che arriveranno a destinazione. Il  segretario generale del Mibac Antonia Pasqua Recchia in un’intervista ha confermato che dal prossimo anno le regole al riguardo cambieranno e saranno rese più trasparenti le procedure, al fine di eliminare i dubbi attuali dei contribuenti e per incentivare il mecenatismo privato. Si rinvia dunque tutto al prossimo anno, ma lo scetticismo che è nato in questi giorni a causa della scarsa chiarezza in merito ha la responsabilità di aver minato lo scopo propositivo dell’iniziativa: quello di portare una boccata d’ossigeno a questo settore.


Articolo di Fabrizia Memo su http://www.tafter.it

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