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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

ELOGIO DELLA SICILIA - UN'ISOLA TANTO VERA QUANTO IMMAGINARIA


Per Gaetano Savatteri, l'autore di "I Siciliani", è un'isola che ama farsi raccontare.

Chiunque affronti un viaggio in questa terra meravigliosa deve tentare di capire, di volta in volta, se si trova di fronte alla Sicilia autentica o al suo riflesso, che però diventa esso stesso parte integrante della realtà.


La Sicilia raccontata dai suoi grandi scrittori si sovrappone e si mescola a quella reale. E questo la rende più misteriosa ed affascinante che mai.


Ogni isola che nasconde un tesoro è, per definizione, misteriosa e inesplorata. Le isole sono sempre affollate di pirati, insidie, pericoli. Appena sbarcati, c'è tutto da scoprire, molto da conoscere. Ogni isola è il luogo ideale per un naufragio, nel quale smarrirsi o ritrovarsi, Ecco perchè qualsiasi circumnavigazione appartiene al nostro immaginario, là dove la fantasia trova orizzonti aperti ai mari, spazi spalancati ai venti.

Ma se questa è la magia di ogni isola, allora siamo sicuri che la Sicilia sia veramente un'isola? Nutriva qualche dubbio lo scrittore Gesualdo Bufalino:

<Dicono gli atlanti che la Sicilia è un'isola e sarà vero, gli atlanti sono libri d'onore. Si avrebbe però voglia di dubitarne, quando si pensa che al concetto di isola corrisponde solitamente un gruppo compatto di razza e di costumi, mentre qui tutto è mischiato, cangiante, contraddittorio, come nel più composto dei continenti. Vero è che le Sicilie sono tante, non finirò di contarle.>

A furia di tentare di censire le isole che convivono- o si scontrano-dentro l'isola più grande del Mediterraneo, passando dalla geografia alla psicologia, Bufalino annotava.< Ogni siciliano è di fatto, una irripetibile ambiguità psicologica e morale, così come l'isola tutta è una mischia di lutto e di luce. Dove è più nero il lutto, ivi è più flagrante la luce, e fa sembrare inaccettabile la morte.> Per lo scrittore di Comiso l'anima dei siciliani è <sempre in bilico fra mito e sofisma, tra calcolo e demenza; sempre pronta a ribaltarsi nel suo contrario, allo stesso modo di un'immagine che si rifletta rovesciata nell'ironia di uno specchio>

Lo specchio appunto. Perchè la Sicilia, a differenza delle isole della nostra infanzia, ama fin troppo mostrarsi, descriversi e raccontarsi. E ama farsi raccontare. Al punto che tra le
tante Sicilie che Bufalino tentava di contare, bisognerebbe aggiungere
l'isola letteraria. Abbastanza simile a quella reale, eppure sfalsata,
come una foto ritoccata al computer, troppo accesa nei colori o troppo
opaca, la Sicilia dei libri si sovrappone a quella geografica e finisce
per ingannare i suoi stessi abitanti.Quanti siciliani, leggendo Goethe,
hanno finito per convincersi che<è qui la chiave di tutto>? E
quanti altri, rileggendo Sciascia, si assegnano a vedere la propria terra "irredimibile"? E quanti ancora, sfogliando Tomasi di Lampedusa, si inorgogliscono amaramente nel ritenersi <il sale della terra>? E vogliamo parlare di coloro che con Pirandello si perdono di continuo tra uno, nessuno e centomila? Per non dire di quelli che, pur non avendo letto Brancati, continuano a immaginarsi campioni del "gallismo". Insomma, la letteratura può fare bene, ma può fare male. Soprattutto quando incide nel corpo vivo di un'isola che spesso soffre di quel male, molto siciliano, che viene definito <ipertrofia dell'io>.

<Noi siciliani- scriveva Vitaliano Brancati- siamo soggetti ad ammalarci di noi stessi; un male che consiste nell'essere contemporaneamente il febbricitante e la febbre, la cosa che soffre e quella che fa soffrire. Per molti di noi, il segreto della felicità è tutto racchiuso in queste parole, nell'apparenza molto semplici, nella sostanza inattuabili: amarsi di meno>. Una passione per se stessi mai serena. Nel suo ultimo libro, L'arte di annacarsi, Roberto Alaimo mette giustamente le mani avanti prima di avventurarsi nel suo viaggio in Sicilia:< Circola con insistenza l'idea che la Sicilia e i siciliani siano diversi, rispetto al resto d'Italia. Diversi e più complicati. La risposta può essere articolata pirandellaniamente: no,, ma credono di esserlo, e questo li rende diversi e più complicati>

Credo che la letteratura scritta alla latitudine della Sicilia - romanzi, diaridi viaggio, saggi, cronache quotidiane- abbia finito per creare un'idea della Sicilia che a lungo andare è diventata la Sicilia stessa. Quest'isola parla di sè da sempre, da quando ha avuto un malinteso orgoglio di nazione, trasformando i suoi difetti in vizio: il sicilianismo. Una corrente di pensiero antica e spesso malsana, che di volta in volta riaffiora, riassumibile in due frasi: la Scilia è grande, ma incompresa; la Sicilia è incompresa, ma grande. Vittimismo e presunzione, dunque. Alajmo vi aggiunge una sfumatura interessante:<Il sicilianismo non è orgoglio, ma rimorso> In ogni caso, la cattedrale di parole costruita sulla Sicilia, il labirinto letterario che la circonda mascherandola, non l'hanno resa meno misteriosa e inesplorata di certi atolli del Pacifico o di certi scogli del Baltico.

Chiunque affronti un viaggio in Sicilia- per studio, per turismo o semplicemente per caso - si trova così a districarsi tra quello che ha in testa e quello che vede, cercando di far combaciare l'immagine e il reale, tentando di capire se si trova davanti alla Sicilia autentica o al suo riflesso. I pirati delle nostre isole dei mari lontani dovevano sfrondare boschi di mangrovie per scoprire i luoghi in cui approdavano. Così, ancora oggi, ogni viaggio in Sicilia è irto di insidie, pericoli e pirati: mangrovie, rampicanti, piante carnivore infestano i nostri pensieri, rendendo impenetrabile il cuore misterioso e inesplorato della Sicilia. Forse per questo nin ci stanchiamo mai di tornarci.

Gaetano Savatteri







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