o la campagna circostante...idealmente posizionata tra pascoli, boschi di carrubi e ulivi secolari.’
Questa è la Val di Noto, un’area rurale della Sicilia sud-orientale, e molte masserie come quella di Silvia, abbandonate dalla popolazione contadina sempre più in diminuzione, negli ultimi cinque anni sono state acquistate al volo da investitori britannici.
È facile capire il perché: persino durante l’ondata di caldo di questa settimana, la calura del sole viene stemperata ed addolcita dalla brezza che arriva dal mare, che si trova solo a pochi chilometri di distanza.
Il cibo ed il vino sono eccezionali.
Le spiagge sono pulite, ampie ed il mare, qui ad una latitudine più a sud di Tunisi, ha la stessa limpida trasparenza della costa tunisina e libica. Così forte è il suo fascino che i giornali italiani hanno iniziata a chiamarla ‘Ragusashire’.
La Val di Noto è anche famosa per essere la zona in cui sono ambientate le avventure dall’ispettore Montalbano, il protagonista dei romanzi di Andrea Camilleri, lo scrittore italiano al momento più conosciuto nel mondo. Donnafugata, un castello a pochi chilometri dal B&B di Silvia La Padula, è, nei romanzi di Camilleri, la residenza del boss mafioso Balduccio Sinagra. Sfortunatamente per gli ulivi secolari, per non parlare di coloro che hanno investito qui i propri risparmi, nella Val di Noto le cose hanno appena preso una brutta piega: i suoi straordinari
scorci paesaggistici sono recentemente diventati ancora più straordinari – ma in senso negativo.
A Marzo, con grande costernazione di Silvia, una squadra operaia della compagnia chimica ed energetica ENI è arrivata nel terreno accanto al suo e nel giro di due mesi ha eretto un impianto di trivellazione alto 80 metri.
La corsa al petrolio a Ragusa era cominciata.
Il sito internet che descrive le bellezze del B&B di Contrada Cammarana continua dicendo, “Di notte, avrete la possibilità di godere della spettacolare vista del cielo stellato...”
Non più. Di questi tempi, il cielo stellato è offuscato dalle luci dell’impianto di trivellazione, che è attivo 24 ore al giorno. La terra trema, attraverso gli altoparlanti vengono urlati ordini ai dipendenti dell’impianto, e più volte nell’arco di un minuto si sente un rumore metallico che assomiglia ad un lamento, come una mucca a lavoro, mentre la trivellatrice scava sempre più a fondo.
È successo tutto molto in fretta. “Un amico che si occupa di politica ne ha sentito parlare a febbraio,” la signora La Padula ha dichiarato questa settimana. “Si trattava quasi di un segreto, senza nessuna anticipazione o avviso a riguardo, nulla in bianco e nero. Poi un giorno a marzo hanno iniziato a scavare davanti alla nostra proprietà. Abbiamo pensato che stessero solo estraendo della pietra, ma invece dopo due mesi hanno eretto questo impianto enorme. Quindici giorni fa hanno inziato a trivellare.”
È emerso che un vicino della signora La Padula, un’allevatore la cui ricotta e il cui formaggio artigianale hanno vinto anche premi, è stato persuaso ad affittare il proprio appezzamento di terreno all’Eni per 30 anni per una cifra di €80,000 (£67,000). “Noi facciamo ricotta,” ha detto la moglie dell’allevatore quando è venuta a farci visita per capire cose stesse succedendo, “ma adesso diventeremo ricchi!”
“Se avessimo saputo cosa stavano cercando di fare avremmo potuto affittare la terra per la stessa somma ed evitare che la si desse a quelli” sospira la signora La Padula.
Nella stessa valle dove si trova il B&B, suo cugino Salvatore Mancini gestisce l’ Eremo della Giubilana, un albergo a cinque stelle in un antico monatastero del quindicesimo secolo, costruito sulle fondamenta di una fortezza saracena, che anticamente serviva come rifugio dagli assaliti dei pirati.
Questo è uno di quei luoghi in cui è ancora palpabile il mondo senza tempo dell’aristocrazia siciliana: la fortezza di pietra con i suoi ulivi che hanno più di quattrocento anni e il suo giardino protetto da un muro è stata la residenza estiva di una famosa famiglia locale fin dal diciassettesimo secolo e mostra la serenità tipica di una casa signorile.
“Questa è la Val di Noto,” afferma il proprietario, Salvatore Mancini, un architetto, “che è quasi un’isola in un’isola. Nel sedicesimo secolo, i re spagnoli che governavano la Sicilia cedettero questa parte orientale alle famiglie altolocate della zona. L’occidente rimase invece diviso in enormi possedimenti terrieri di proprietà di pochi baroni completamente pigri e disinteressati alla terra. Da qui vennero fuori, atttraverso le figure degli amministratori di questi latifondi, gli
eredi della Mafia di oggi.”
Ma qui nel sud-est, la piccola nobiltà locale si prese cura delle loro piccole proprietà, il che spiega perché questa zona è oggi così bella.
Il Ministero della cultura la descrive come come una delle più importanti aree rurali in tutta Italia. La sua bellezza è così calda, secca, quasi polverosa che ci vuole un po’ di tempo prima di apprezzarla a pieno, ma quando il signor Mancini mi fa volare sul suo velivolo a quattro posti tutto diventa chiaro.
Questa è una terra di pietra calcarea, dove il vento ha scavato canyons e ammorbidito le colline, che è punteggiata da carrubi ed ulivi e con solide, quasi tozze “masserie”, fattorie con dei tetti di terracotta leggermente appuntiti.
In mezzo, sinistro e angosciante come la presenza di un’invasione aliena, ecco l’impianto petrolifero. Come è possibile che una cosa del genere accada così, praticamente dall’oggi al domani, in un’area di eccezionale bellezza naturale, un’area in cui attivisti e politici locali lottano da anni perché diventi parco naturale?
Siamo in Sicilia, ma secondo Mancini il problema non è la Mafia. “Non pensavo l’avrei mai detto,” mi dice dopo l’ atterraggio,“ma oggi la Mafia non ha più ragion d’esistere. I sindaci locali non hanno più legami con la Mafia. Lavorano alla luce del giorno. I mafiosi non hanno più bisogno di uccidere perché nessuno gli è contro.”
Il problema, mi dice, è il progetto di deregolamentazione portato avanti da Silvio Berlusconi che nel corso dei suoi sette anni di governo ha fatto di tutto e di più, dalla decriminalizzazione del falso in bilancio al rilassamento delle norme che regolano la costruzione di edifici ed impianti industriali nel territorio.
“Il livello alto di corruzione al governo ha condotto ad incredibili livelli di illegalità e impunità negli affari pubblici”, dichiara Mancini.
“Non è molto difficile per gli imprenditori deturpare il territorio, visto che è molto semplice ottenere autorizzazioni dal governo. Al momento la situazione in Sicilia è come a Cuba ai tempi di Batista – ma noi non abbiamo Che Guevara. E lo dico nonostante io non sia uno di sinistra.”
Ma la minaccia dell’impianto di trivellazione ha un significato particolare. Si è a conoscenza della presenza di petrolio nella regione dalla seconda metà dell’ottocento; negli anni cinquanta le compagnie americane pompavano petrolio di bassa qualità molto vicino alla superfice per usarlo come bitume.
Ma il nuovo progetto dell’Eni scava molto più a fondo, a più di 1,500 metri; secondo una fonte, la qualità del petrolio anche a quella profondità è abbastanza scarsa, ma la vera speranza, il sacro grail di queste trivellazioni, è il gas.
Nel frattempo, Mancini nota che le trivelle non stanno scavando nella sabbia ma nella roccia calcarea e gli innumerevoli corsi d’acqua che la attraversano; e l’acqua è proprio ciò che rende la campagnia abitabile.
“La nostra paura è che i corsi d’acqua vengano inquinati dal petrolio.” E si attendono nuovi impianti: “dall’alto abbiamo visto un secondo impianto in costruzione.”
Un portavoce dell’Eni ci dice: “non abbiamo mai creato problemi ambientali in quest’area, abbiamo ricevuto piena autorizzazione dalle autorità locali ed abbiamo dei rapporti eccellenti con la gente del posto.”
Ma la signora La Padula, il cui terreno è adiacente all’impianto, nega di essere mai stata contattata dalla compagnia.
“Stiamo facendo tutto il possibile per batterci contro le trivelle,” afferma. “Abbiamo le organizzazioni ambientali dalla nostra parte; il ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo, che è siciliana, si è dichiarata contro questo progetto e lo stesso ha fatto il presidente della regione, Raffaele Lombardo. Ma è un po’ come Davide e Golia; qui ci sono dei poteri forti all’opera. E c’è una diffusa ignoranza sulle conseguenze di ciò che sta accadendo.
Ma la situazione non è senza speranza. Tre anni fa, una compagnia petrolifera franco-americana chiamata Panther Eureka, stava per aprire degli impianti di trivellazione alla ricerca di petrolio vicino la città di Noto, a circa 30 miglia. Noto è una delle otto cittadine della Val di Noto riconosciute dall’Unesco come patrimonio mondiale dell’umanità per la loro eccezionale architettura tardo-barocca. Ma dopo le denuncie di Andrea Camilleri, la compagnia si ritirò.
Ieri il signor Camilleri ha dichiarato a The Independent: “Se i siciliani non vogliono che le trivelle distruggano la bellezza della loro regione, devono semplicemente scegliere degli amministratori che abbiano a cuore la bellezza della loro terra.”
Articolo in inglese:
http://www.independent.co.uk/news/world/europe/sicilian-idyll-struck-by-the-curse-of-black-gold-2023160.html…