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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

TUTTO ESAURITO PER LA DOPPIA PROIEZIONE IN ANTEPRIMA DEL DOCUMENTARIO “IBLEI–STORIE E LUOGHI DI UN PARCO”.

Un viaggio che parte da una goccia d’acqua perché, alla fine, “siamo
tutti figghi ra timpa pirciata”. La frase con cui si apre il
documentario “Iblei – storie e luoghi di un parco”, presentato  in anteprima nazionale a Ragusa, è emblematica del messaggio che si
intende dare, ovvero il recupero delle nostre identità in un territorio
di identità. Perché come dice il fotografo Giuseppe Leone, “si deve
tornare alla genesi per capire tutto”, scendendo nelle cave, calpestando
la terra, apprezzando i fiumi, la flora, la fauna. Un recupero assoluto
perché “troverai più nei boschi che nei libri”, in quegli Iblei dove
vivono 50 delle 60 specie di orchidee presenti in Sicilia. Un “grandioso
museo vivente”, quello raccontato dal documentario prodotto dalla Argo
Software e realizzato dal regista Vincenzo Cascone di Extempora, con il
sostegno di Cora Banca – Cora Industrie.
Tutto esaurito e lunghi applausi finali in entrambe le proiezioni
programmate per l’anteprima del video della durata di un’ora e
ricchissimo di immagini e contributi realizzati in oltre 150 ore di
girato, 2 anni di progettazione e 3 mesi di montaggio, con le musiche
originali di Vincent Migliorisi. Dati forniti nella breve
presentazione prima della proiezione dal produttore Lo Presti, dal
regista Cascone e dall’antropologo e naturalista Paolo Uccello che si è
soffermato sulle potenzialità del territorio invitando ad una
riflessione comune e cruciale rispetto al futuro. Tappe importanti,
quelle proposte dal documentario, per conoscere quel territorio che si
trova tra le province di Ragusa, Siracusa e Catania, e per capire che il
Parco degli Iblei c’è già. Bisogna solo fare lo sforzo di guardarlo
prima e di vederlo dopo.
Un’area con un patrimonio inestimabile di ricchezza in termini
paesaggistici e antropologici. Se la Sicilia è un’isola, gli Iblei sono
un’isola nell’isola, un microcosmo di elementi naturali e umani che
fanno di questa zona un territorio davvero unico. Gli omaggi non
mancano, come nel caso di Pantalica, la “montagna sacra dei siculi”, con
le sue 5000 tombe, fino ad arrivare al culto della “dea Hybla”,
all’incontro del suono lirico del “friscalettu”, il flauto di canna
usato dai pastori greci e suonato anche ieri sera, prima della
proiezione, da Carmelo Salemi. Un suono che si contrappone al fragore
cupo e mesto provocato dal terremoto del 1693, “l’anno zero degli
Iblei”, una “cesura totale” che ha poi portato al bisogno di
ricostruire. All’opera di maestri architetti e bravissimi operai che
nelle forme barocche ci hanno regalato “il trionfo della sintesi tra
arte e artigianato”, usando quella pietra che il pittore Piero Guccione
indica “dolce, dal sapor di miele, frutto del sapere delle mani degli
artigiani”. Opere monumentali, realizzate rispettando il territorio,
così come si è fatto quando si è seguita l’orografia del paesaggio nella
costruzione del meraviglioso reticolato di muretti a secco. Poi
l’intervento a volte devastante dell’uomo, in quella campagna, come dice
la pittrice Alvarez, “con carrubi e ulivi ordinati”. Ed è Guccione a
proporre nelle sue tele i carrubi con “le braccia spezzate”, quasi
fossero persone, in una campagna ormai “sanguinolenta”, dove hanno
trovato posto, con fin troppa facilità, gli impianti serricoli.
Il paesaggio ibleo è stato generato dal legame imprescindibile tra
natura e uomo: la natura ha condizionato nel tempo la vita dell’uomo,
l’uomo è intervenuto nel tempo per modificare la natura. Quello proposto
dal documentario, per comprendere questo percorso, è un racconto a più
voci, in prima persona, grazie al contributo di chi il territorio lo
vive per lavoro o per passione, dall’archeologo all’antropologo, dal
botanico al paesaggista, al contadino, sentinella del territorio stesso.
Lo stile della narrazione è dunque leggero e veloce, e la ricchezza dei
contenuti è calibrata attraverso la suddivisione in “unità” di racconto,
che racchiudono i vari interventi. Il video non ha un taglio
“redazionale”, ma “emozionale”, attraverso narrazioni “trasversali” che
investono tutti i 5 sensi, per rendere la percezione dell’identità iblea
attraverso la luce, i suoni, l’evocazione di sapori, odori e sensazioni
tattili. Il territorio diventa così pretesto per indagare l’uomo.
Fonte::http://www.radiortm.it

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