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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

La storia di Peppino Impastato, il giovane siciliano di Cinisi, assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978 all’età 30 anni prima dell’ultimo comizio elettorale da candidato alle elezioni comunali con Democrazia Proletaria, ma per la giustizia di allora morto suicida lungo le rotaie del treno raccontata nel film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana. Da qui si è partiti per riflettere sul fenomeno mafia, non circoscritto al territorio siciliano, anche se lì la diffusione è più capillare ed organizzata, che potrebbe insinuarsi in qualsiasi parte compresa l’Umbria. Ma è solo avendo un tessuto sociale compatto, una cultura di “cittadino” onesta ed impegnata che la si può combattere ed impedirne il radicamento. Questo è il messaggio rivolto agli studenti degli Istituti superiori di  otto Comuni dell'Umbria da parte di illustri personaggi come Salvo Vitale, presidente dell’Associazione Peppino Impastato,Rita Borsellino, eurodeputato, Giacomo Fumu, Procuratore antimafia di Perugia e I M P della Sezione Catturandi di Palermo, Salvatore Borsellino promotore del movimento "Agenda Rossa", Mario Incatasciato dirigente scolastico USR Sicilia, coordinati dall’assessore provinciale di Perugia, Donatella Porzi. Questo appuntamento rientra nel programma di “Battiti di legalità”, una settimana di incontri, proiezioni, mostre con le scuole umbre per affrontare il tema della legalità e i suoi valori. L’iniziativa, che si  è conclusa il 5 febbraio, si colloca nell’ambito del progetto “Lo Stato siamo noi – La legalità per il bene di tutti”, promosso dalla Provincia di Perugia per sensibilizzare le giovani generazioni sul tema della legalità in accordo con l’Ufficio Scolastico Regionale. “Queste lezioni di legalità – ha detto Vitale – fino a qualche anno fa erano impensabili, sono diventate materia di studio in alcune scuole solamente negli ultimi tempi. L’importanza di prendere coscienza del rispetto delle regole e della legge la si riscontra nel fatto che in assenza di ciò la società civile non potrebbe andare avanti in quanto prevarrebbe il concetto hobbesiano di homo homini lupus insieme ad una concezione assolutistica del potere. Invece, ‘lo Stato siamo noi’ – ha sottolineato – ed il potere va gestito in maniera diffusa e non assolutistica”. A riprendere questa riflessione anche il Procuratore Fumu per il quale “la sovranità appartiene al popolo, come recita anche la Carta costituzionale al primo articolo. Ciascuno di noi ha una porzione di sovranità che esercitiamo non soltanto con il voto ma anche con l’impegno quotidiano, con la consapevolezza dell’essere cittadini. È solo così – ha sostenuto – che possiamo progredire, altrimenti la società si disgrega”. Anche da parte di Fumu l’affermazione che parlare di questi temi, ed i particolare di mafia, fino 20 anni fa era opera di qualche coraggioso e questo è senz’altro un passo in avanti. Al dibattito c’era anche un poliziotto della sezione palermitana catturandi che ha raccontato la sua testimonianza diretta di quando ha partecipato alla cattura del boss Bernardo Provenzano dopo ben 42 anni di latitanza. “Il fatto che nonostante questo boss godesse di forti protezioni, mezzi ingenti il suo arresto è la testimonianza che alla fine la mafia è perdente, non ha speranze di vincere se la società è compatta. Ma la mafia è sempre in agguato – ha avvertito i ragazzi – ed ecco che dovete denunciare sempre se qualche cosa non vi risulta chiaro, per avere un futuro migliore si può iniziare anche da piccoli gesti, ma che impediscano alla malavita e all’illegalità di impadronirsi delle nostre vite”. E la prova dell’interesse che ha suscitato l’incontro è stata data dai numerosi interventi dei ragazzi che, mossi da curiosità hanno ‘tempestato’ di domande sull’argomento

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