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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

Leonardo Sciascia e la contea di Modica



Leonardo Sciascia fu un grande conoscitore del ragusano e delle antiche usanze della contea.

Leonardo Sciascia



« Arrivandovi da Gela, da Caltanissetta, da Palermo, Vittoria è come un paese di frontiera: ne ha l'animazione, la mescolanza, l'ambiguità, la
contraddizione. Era l'argine contro cui si spegnevano, non senza
qualche impennata, le ondate mafiose. Forse più di una breccia in
questi anni si è aperta: ma l'impressione della frontiera rimane ancora
oggi. Ho il pregiudizio chè non soltanto sappiamo di star valicando il
confine tra la sicilia sedicente "sperta" (esperta per greve
esperienza, da quell'esperienza fatta nel "particulare" circospetta e
sottile; non come s'intende invece affermare, di assoluta intelligenza
e di inarrivabile saper di vivere) e la Sicilia che da quella "sperta"
è definita "babba" (da intendere al meglio come ingenua; ma più
propriamente e correntemente stupida), una provincia particolarmente
"babba" questa Ragusa in cui s'irraggiava l'antica contea. Tanto
"babba" da godere di una tranquillità economica e sociale, di un
benessere, di un tipo di vita fatto di probo lavoro, di sicuri e
pacifici rapporti, di serene abitudini che il resto dell'isola sembra
rifiutare nel momento stesso in cui ne fa apprezzamento. Curiosa
contraddizione: di considerare stupida quella Sicilia di cui
contemporaneamente si riconosce e si esalta la tranquillità del vivere,
il benessere, l'eccellenza dei prodotti. Evidentemente una sorta di
masochismo presiede a un cosi contraddittorio giudizio. E non sembri
strano che un siciliano che vive in Sicilia parli di viaggio, quasi la
contea fosse una terra estranea e lontana. In un certo senso lo è.
Giustamente Gesualdo Bufalino, dice che a Comiso come in tutta la
contea - fino a pochi anni addietro "mafioso" era soltanto un
aggettivo: ad esaltare le qualità di qualcuno o qualcosa. Che non è
differenza da poco, tra quella sicilia in cui "mafioso" è sostantivo, e
di criminale sostanza, e questa in cui - senza i giornali, la
televisione e i libri - ancora sarebbe un vago aggettivo. Nella contea
insomma è ancora possibile cogliere qualche reliquia della serenità del
vivere, del toccare a momenti - fuggevolmente, con tenerezza e
rimpianto il giusto della vita. "Affè mia, qui più sicuri corsero i
tempi" - direbbe il marchese di Villabianca. »

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