Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca
La Sicilia dal XV fino a quasi tutto il XVII secolo faceva parte dell'Impero spagnolo sottoforma di Vice-Regno, al pari di Napoli e della Sardegna. Dopo un tentativo fallito di estendere dalla Spagna alla Sicilia il Tribunale dell’Inquisizione nel 1481, Il 6 ottobre 1487 Ferdinando II il Cattolico creò il Tribunale dell'Inquisizione[3] e fu inviato in Sicilia il primo inquisitore delegato, Frate Agostino La Pena, la cui nomina fu approvata da Papa Innocenzo VIII. In Sicilia operavano già gli inquisitori apostolici dell’Inquisizione della Santa Sede anche se con modalità meno rigorose rispetto a quelle dell'Inquisizione Spagnola.[4][5]
A differenza di Napoli, che rifiutò gli ordinamenti politici e militari spagnoli[6] dando vita a numerose rivolte popolari (tanto che l’Inquisizione
spagnola non venne mai istituita a Napoli a dispetto del volere di
Federico II [7]) in Sicilia l’inquisizione approdò e fu gestita da inquisitori arrivati direttamente dalla Spagna. Il loro potere, di fatto, era superiore a quello dei viceré stessi[8] in materia di procedimenti legali e, ovviamente, superiore all’autorità dei preesistenti giudici e funzionari locali.[9]
Assieme al sovvertimento della struttura istituzionale della loro
terra, la minaccia di vedere in qualche modo controllate le attività
mercantili, finanziarie e commerciali attraverso la censura delle loro
vite attuabile dal Tribunale ecclesiastico, l'Inquisizione si rese
subito invisa al popolo siciliano ancor prima che le attività
persecutorie avessero materialmente luogo.[10]
L'inquisizione siciliana dipendeva direttamente da quella spagnola ed operava in assoluta autonomia dalla Santa Sede romana. Paolo III, a differenza dei suoi predecessori Innocenzo VIII, Alessandro VI e Giulio II che non si opposero alla autonomia dell’Inquisizione siciliana dalla Santa Sede, fu ostile all’Istituzione del tribunale nel Regno ed appoggiò i napoletani. A capo del tribunale siciliano era preposto
un inquisitore generale spagnolo mentre gli altri componenti venivano
nominati dal viceré. Ad esempio, a metà del XVII sec. era inquisitore
generale di Sicilia lo spagnolo monsignor D. Diego Garsia Trasmiera.http://fieri.unipa.it/annali/af_002_0506.pdf" id="cite_ref-10" class="reference">[11]
Nel tribunale i primi a operare come giudici furono i Padri Domenicani. Nel 1513 il compito fu affidato ai religiosi Regolari.
Il declino del potere dell’Inquisizione in Sicilia cominciò molto lentamente a partire dal 1592 quando il viceré Duca d’Alba ottenne da Filippo II che tutti gli arruolati nella congregazione de’ famigliari del Sant’Uffizio (nobili, cavalieri, generali e altri aristocratici siciliani) perdessero i privilegi economici e prerogative fino ad
allora concessi, che gravavano pesantemente sull’amministrazione dello
stato. I commissari del sant’Uffizio e coloro che vi si affiliavano
come famigliari erano inoltre dispensati dalle leggi restrittive sul porto d'armi e godevano di immunità dalla giustizia regia.[12]
Con decreto regio del 6 marzo 1782, dopo oltre 500 anni dall'introduzione, Ferdinando III di Sicilia, disponeva l’abolizione dell’Inquisizione nell’isola.
Lo scopo del tribunale era mettere a tacere uomini di "tenace concetto" ossia recidivi peccatori della morale, eretici o comunque agitatori, sobillatori e diffusri di idee e stili di vita,
credenze e superstizioni, contrari alla conservazione della fede cattolica. A differenza dei tribunali romani, non vennero svolti quasi mai processi in cui venivano dibattute teorie teologiche.
Malgrado alcuni scontri col potere laico, anche in Sicilia il Tribunale
ecclesiastico viene considerato da alcuni storici come una struttura
ufficiale di governo.[13]
Il padre teatino Gerolamo Matranga (1605-1679) Chierico Regolare Palermitano Qualificatore, fu per circa 40 anni censore del Sant'Uffizio e partecipò alle decisioni del Tribunale[14] tenendo dei resoconti scritti di carattere ufficiale dove da
testimonianza involontaria delle persecuzioni, torture e violenze del
Sant’Uffizio a Palermo.
Nelle prigioni del Palazzo Chiaramonte-Steri a Palermo, dove per quasi tre secoli gli inquisitori interrogarono, torturarono e uccisero uomini e donne, tra ebrei o semplici sospetti di comportamenti giudaizzanti, frati, suore, innovatori, libertari, nemici dell'ortodossia politica e semplici poveracci, rimangono preziosi graffiti dei carcerati, testimonianza unica delle sofferenze patite.http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/arte/grubrica.asp?ID..." id="cite_ref-15" class="reference">[16]
È ormai certo, da riscontri documentari che l'antico carcere di Monreale, non più esistente ma abbattuto nel secolo XIX, si trovasse nell' antico
monastero di S. Caterina a Monreale (Badiella). Il carcere, anche sede
dell'Inquisizione per Monreale e dintorni, ha convissuto per secoli con
la prima sede dell'antico ospedale omonimo e poi con il convento delle
monache della Badiella [17]
Da Monreale (in provincia di Palermo), antica (il suo Duomo fu costruito da re Guglielmo II nel 1174) e prestigiosa arcidiocesi,
provengono nei secoli alcuni inquisitori. È da ricordare inoltre come
nelle carte custodite dagli archivi cittadini (in quello diocesano si
conservano molti processi "de maleficys")ci siano preziose
testimonianze della durezza della vita quotidiana di quel tempo ed
altre in attesa di essere scoperte da ricercatori e studiosi. I
processi (almeno quelli a giuntici) datano dal 1593 (Cardinale
Arcivescovo Ludovico II Torres) al 1639 Cardinale Arcivescovo Cosimo
Torres. Ecco un elenco degli Inquisitori[18]http://www.sanvitomartire.it/ArchivioS/Vescovi.htm" id="cite_ref-18" class="reference">[19]:
Leonardo Sciascia nel suo saggio Morte dell'Inquisitore esegue un’indagine diretta delle fonti e riferisce della difficoltà di
reperire informazioni sull’attività del tribunale dell’Inquisizione in
Sicilia soprattutto a causa di incendi involontari e volontari come
quello che distrusse l'archivio del Sant'Offizio palermitano, ordinato
dal viceré Domenico Caracciolo circa un anno dopo la chisura del tribunale.[23] Della stessa opinione il Dollo.[24]
Lo studio e la ricostruzione dei processi (4.500 in tutto) e delle
vicende hanno trovato nuovo fondamentale impulso grazie al ritrovamento
ed alla digitalizzazione delle relaciones de causas, sunti dei
processi che i tribunali periferici dell’Inquisizione spagnola dovevano
inviare al Consejo de la Suprema y General Inquisición di Madrid.[25]http://archiviostorico.corriere.it/2006/gennaio/08/streghe_Sciascia..." id="cite_ref-25" class="reference">[26]
Secondo P. Tamburini nel solo anno 1546 (settimo inquisitore generale il cardinale Loaise) i quindici tribunali attivi condannarono 120 persone al rogo, 60 in effigie e 600 a penitenze minori.[27]
Secondo altri storici di fine '700, dal 1487, anno di istituzione del Tribunale in Sicilia, al 1732 furono inviati al braccio secolare e bruciati o condannati ad altra pena di morte 201 persone, 279 rilasciati perché morti o contumaci.[28]
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