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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca


1. LA RACCOLTA DELLA NEVE E LA PRODUZIONE DEL GHIACCIO NELL’AREA DEL MEDITERRANEO
Tracciare le linee guida per una storia della raccolta della neve, e del suo utilizzo, presenta numerose divergenze riguardo alla precisa
ricostruzione storiografica di date, luoghi, termini e protagonisti. Si
sa infatti che questa vide la luce già nel III millennio a.C., e che
iniziò a decadere nella seconda metà del secolo XX, quando fu
rimpiazzata dalla produzione del freddo artificiale ; che era
un’attività molto remunerativa anche se stagionale e che alcune
attività collaterali ad essa, come ad esempio la commercializzazione,
non si interrompevano in nessun mese dell’anno. Naturalmente il consumo
si intensificava in estate, per la popolarità delle bevande ghiacciate
e per l’impiego nella conservazione degli alimenti.
Cercheremo in ogni caso, attraverso i testi e le fonti d’archivio di
rintracciare le principali tracce di questa attività che diede vita a
delle significative architetture rurali pre-industriali, le neviere,
diffuse anche in varie zone delle principali catene montuose siciliane.

Agli antipodi della raccolta:
Di certo, sin da epoche antichissime, molti centri montani situati
nell’area del Mediterraneo, e in particolar modo quelli delle Montagne
dell’Anatolia, dei complessi montuosi della Sicilia, degli Appennini,
dell’Arco Alpino, delle Sierre murciane e dell’isola di Maiorca,
trassero un valido sostentamento dalla pratica della raccolta della
neve sia sottoforma di utilizzo personale sia in termini di sussistenza
economica. Comune a tutti gli insediamenti rurali che beneficiarono
della raccolta della neve fu la mancanza di una remunerativa attività
economica che avrebbe permesso di incrementare le striminzite paghe
lavorative degli abitanti dei centri interessati all’utilizzo della
neve. Se non altro, nel passato, la forte antropizzazione dell’ambiente
circostante – la montagna – è stata di notevole supporto all’espansione
della raccolta della neve, tale da creare uno stretto legame tra i
processi di conservazione della neve e suoi utilizzi. L’esistenza di
molteplici “pozzi”, “grotte” e “case della neve” presenti in molte zone
nevose del Mediterraneo e una richiesta, principalmente legata alla
stagione estiva, possono dare l’idea del valore che iniziava a
raggiungere l’economia della neve e la sua gestione.
Abbiamo la conferma che l’usanza di raccogliere la neve con la
conseguente comparsa delle prime case della neve si può additare
all’epoca assira (III mill. a. C.), nelle città di Ur e Mari, in
Mesopotamia .
Da qui in poi l’utilizzo a fini alimentari della neve va consolidandosi
come elemento di ricercatezza nelle tavole imbandite a festa, nei
banchetti reali, come un genere consumato principalmente dal patriziato
urbano.
Non è comunque assolutamente da escludere che, nelle prime fasi, il
consumo della neve fosse esclusivo appannaggio dei ceti meno abbienti,
in quanto la possibilità di consumare bevande fredde durante i periodi
più caldi dell’anno diventò una delle poche e piccole felicità per chi
viveva a ridosso della totale povertà.
Inoltre, l’esistenza nei centri montani della Sicilia, di piccole
cavità all’interno delle case, sotto il pavimento o l’esistenza di
botole fuori, poco vicino l’ingresso, denota come si iniziò a pensare
alla raccolta della neve e al suo utilizzo per svariati usi.
Epoca greca e romana:
Il consumo di neve come bene voluttuario sarà ulteriormente incentivato
durante la dominazione greca in Sicilia. Negli Idilli di Teocrito si
documenta l’uso di bere il “vino annevato ”; in questo modo il poeta
greco da parte di Polifemo:
«E’ l’acqua ghiacciata che mi fornisce l’Etna coronata di foreste dalla
sua neve immacolata come bevanda da Dei ». Come refrigeratore, i greci
siracusani, usavano lo Psykter (vaso dalla forma insolita, con base
ristretta e la parte alta allargata; utilizzato per tenere il vino
fresco, in quanto veniva posto dentro un recipiente più grande ripieno
di neve o acqua fredda ). La comparsa di questo vaso è databile intorno
al V sec a. C. e se ne parla in diverse fonti, molte delle quali citate
da Ateneo e da Platone che nel Simposio così scrive: «Ragazzo – disse –
porta quel vaso per tenere fresco il vino ».
La cultura latina con a capo i Romani, in concomitanza di un forte
incremento della produzione viticola, rende ancora più largo l’impiego
di neve per rinfrescare le bevande. Sotto l’imperatore Adriano sono
state individuate, sottostanti alla villa di Tivoli, profonde neviere
per la raccolta e conserva della neve.
In questo periodo si era soliti chiamare sorbitium certe bevande
aromatiche rinfrescate con neve che andavano sorbite . A conferma di
ciò, il poeta latino di origine spagnola Marziale, cita, nei suoi
epigrammi, l’utilizzo della neve per diluire il Falerno, un vino
dall’elevato tenore alcoolico e dal sapore amaro.
Influenza araba:
Mentre le modalità di conservazione della neve risalgono principalmente
ai Romani, l’uso di scavare la roccia per ricavarne le neviere
sarebbero invenzione appannaggio degli Arabi . In Sicilia, le notizie
che abbiamo sul periodo della presenza araba riportano quanto era già
in uso presso i romani: un largo consumo di neve per rinfrescare le
bevande e un’attività, quella della raccolta, in continuo sviluppo. In
particolare, sembra diffondersi l’idea di sperimentare nuove forme di
utilizzo della neve, magari con l’aggiunta di prodotti facilmente
reperibili intorno alle aree di raccolta, come il sale e il limone. Il
primo consentiva di abbassare il grado termico della miscela di neve e
sale, posta all’esterno del vaso refrigerante, in modo da non
raffreddare direttamente il succo aromatizzato posto in un altro vaso.
Il secondo per aromatizzare i primi sorbetti che si producevano con
tale procedimento. Oltre all’esperienza concreta, gli esperimenti sulla
neve furono spinti da considerazioni di tipo igienico, affinché si
evitasse il contatto diretto della neve con gli alimenti .
Infatti, per quanta attenzione si potesse fare durante le fasi di
raccolta, non si poteva di certo evitare che la neve non venisse a
contatto con impurità, ora del terreno (non appena cadeva), ora del
trasporto (in quanto posta dentro a sacchi di iuta), ora all’interno
delle grotte in cui veniva stipata. Questi nuovi elementi indussero a
vedere nella neve un fattore di sviluppo economico locale se ben
perfezionato. I processi lavorativi legati alla raccolta della neve
produssero numerose aspettative di guadagno tra i “nevaroli” ed è così
che si pensò di poter investire parecchio denaro in questa attività. Da
semplice attività finalizzata a una distribuzione locale del prodotto
con consumi sporadici in campo alimentare e paramedico tra i ceti più
poveri, la raccolta della neve assurse a un modello di attività
economica in piena regola.
Tra il X e il XVI secolo:
Se, a questi elementi, aggiungiamo che, sempre in Sicilia, come è
attestato da alcuni documenti di epoca medioevale, la neve cominciò ad
essere indispensabile in campo medico – si intensificarono i palliativi
legati alla “cura di lu friddu ” – allora possiamo senz’altro dire
come, il forte legame tra gli esseri umani e l’ambiente circostante
servì a dare maggiore rilievo alla raccolta della neve e alla sua
organizzazione, per un uso più capillare della risorsa in termini
economici.
Prima di giungere al Medioevo, va evidenziato però quanto in epoca
medievale la costruzione delle neviere sarà sostenuta con maggiore
cura, soprattutto dalle classi agiate, detentrici di cospicue somme
finanziarie e interessate ai profitti derivanti dall’organizzazione
della raccolta della neve. Si consolida così l’utilizzo della neve come
bene di lusso, da consumare preferibilmente durante ricorrenze
particolari o cerimonie galanti, all’interno delle ville dei principi o
nelle corti signorili. L’utilizzo del ghiaccio diventa da allora in poi
sempre più un’esigenza riservata ai piaceri delle classi benestanti e
l’acquisto di questo bene risulterà sempre più proibitivo per i
semplici villani dei centri montani.
Durante il Rinascimento, la possibilità di un allargamento del
commercio della neve non si riduce alla semplice cura di pozzi
sotterranei ma diviene attività pianificata e legittimata dai potenti
dell’epoca. Quest’ultimi saranno rappresentati, nella maggior parte dei
territori dove vi era la presenza di neviere, sia dalla curia vescovile
in generale, e sia dai primi appaltanti che, o avevano in possesso i
territori dove la raccolta della neve iniziava a emettere i primi
vagiti, o avevano avuto le terre in cui insistevano le costruende
neviere tramite concessioni. In contemporanea alla diffusione dei primi
testi di cucina nella cultura occidentale, le figure che iniziarono a
investire somme cospicue lungo le zone interessate dalla raccolta della
neve avevano lignaggi baronali o rappresentanza ecclesiastica.
Questi elementi ci portano a considerare la specializzazione
dell’attività di raccolta non più come fenomeno isolato e di fattore
locale ma come un’attività lavorativa che viene strutturandosi secondo
i dettami delle classi privilegiate.
A dimostrazione di quanto detto, possiamo esemplificare per tutta
l’area del Mediterraneo i procedimenti di raccolta che interessarono la
Sicilia, da dove ci sono pervenute consistenti testimonianze attraverso
le opere di numerosi cultori di storia locale. In particolar modo sulle
propaggini dei Monti Iblei, che occupano l’estremità sud orientale
dell’isola e raggiungono la quota massima di 987 m, si consolidò a
partire dal 1500, e decadde intorno alla metà del 1900, la raccolta
della neve e la distribuzione del ghiaccio nelle città vicine.
Le prime neviere di questa zona erano scavate dall’uomo nella roccia.
Per questo, ancora oggi le neviere vengono indicate col nome di
“rutti”, proprio perché erano abbastanza piccole e, seppur scavate
dall’uomo, servivano a conservare neve per usi abbastanza ristretti .
La raccolta, la conservazione e la commercializzazione della neve
divennero attività che consentirono alla cittadinanza dei centri
interessati, disoccupata nei periodi invernali, di integrare il magro
reddito, ed ai padroni o affittuari delle neviere di ricavare
consistenti guadagni nei mesi estivi. Una, due, e spesso anche tre
nevicate in un anno significavano un certo guadagno che entrava ad
integrare il reddito delle famiglie .

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