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Cultura | Soprannomi Di che nciuria sei? Le appassionate ricerche di un professore portano a capire vecchi termini oggi in disuso
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Siracusa - Il dialetto sale in cattedra e lo fa attingendo dal passato e dalle appassionate ricerche del professore Carmelo Tuccitto, cultore di storia patria, di tradizioni popolari, linguista e scrittore siracusano.
In una serie di conferenze, molto seguite, Tuccitto ha tracciato la storia del blasone popolare degli abitanti i paesi della provincia di Siracusa e delle loro 'nciùrie, che altro non erano che delle espressioni, quasi sempre offensive o invidiose, che etichettavano gli abitanti.
«Attraverso la 'nciùria - ha sottolineato Tuccitto - balzava in primo piano l'identità di una sola persona che poteva riguardare, ad esempio un difetto, (nascazza, facci 'i cunigghiu), l'identità caratteriale (ammucca lapuna, credulone, mazzarruni, studipo), professionale (craparu, luppinaru) o di provenienza (Janattinisi, Firrisi, Alisi, di Canicattini, di Ferla, di Avola).
Mentre il blasone popolare rimarcava l'identità collettiva di una comunità in cui si riflettevano pregiudizi e opinioni tutti negativi sui nati nello stello luogo; questi giudizi erano espressi generalmente dagli abitanti dei Paesi vicini.
Al contrario, l'espressione che riflette connotazioni positive è detta Titolo che contiene un merito ed è espressa dalle popolazioni geograficamente più distanti. Titoli e blasoni sono esistiti da sempre. Ad esempio: Bolognesi gran dottori, Veneziani gran signori (titoli); Polentone (persona fiacca) e Terrone (villano), mentre la 'nciuria nasceva dallo spirito mordace di Paesi vicini o dall'acceso campanilismo esistente. «Dalla tradizione orale - precisa Tuccitto - sono da citare gli sfottò tra province confinanti Catania e Siracusa o Ragusa e Siracusa».
I catanesi dicevano che i siracusani erano babbi e sciruccàti (bonaccioni e pigri, indolenti per lo scirocco), mentre i catanesi erano bollati come fàusi (falsi), falsari a motivo delle zecche clandestine di soldi, come quella di Paolo Ciulla, che operavano a Catania. I siracusani dicevano dei catanesi marca Liòtru (l' Elefante di piazza Duomo, simbolo di Catania) per indicare la provenienza di un prodotto catanese, mentre Siracusa era detta: terra amurusa, morta 'i fami e pirucchiusa (terra generosa, con abitanti pidocchiosi nel senso di taccagni o spilorci).
Quando nel 1927 si scelse come capoluogo di provincia Ragusa anzicchè Modica, le battute divennero offensive e scurrili: «A Rausa la provincia, a Muorica 'sta mincia».

Redazione

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