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"Mannara e Masseria" fanno paesaggio

Uno degli elementi tipici del paesaggio, per il ruolo storico e come elemento significante d’architettura e trasformazione del territorio, è il grande complesso rustico della "masseria". Centro e simbolo della grande proprietà terriera, relitto del sistema feudale, la masseria nasce come insediamento di tipo padronale di controllo e di organizzazione del latifondo ed ha all’origine una specifica valenza funzionale in relazione alle colture e attività storicamente dominanti nel territorio siciliano: la granicoltura soprattutto e l’allevamento. Specificità che con la parcellizzazione della grande proprietà e l’introduzione di colture diversificate si è via via perduta attraverso vari adattamenti, che hanno consentito l’inserimento di funzioni legate alle nuove esigenze. La massa compatta di tali edifici più o meno complessi, più o meno conservati nell’assetto originario, segna il paesaggio rurale siciliano in maniera significativa, tanto più che la stessa funzione di controllo al centro del feudo le determina spesso un’ubicazione isolata e baricentrica nel territorio.

Con il termine "masseria" si vuole significare perciò, una dimora rurale di campagna, basata prevalentemente sulla granicoltura e sull’allevamento. In questo senso – largamente diffuso tra i contadini e i piccoli proprietari o affittuari o coloni – qualunque tipo di dimora rurale può essere designata come masseria, a prescindere dalla sua forma o costruzione edile. L'equivoco che può sorgere da questa interpretazione popolare, è senza dubbio grave ai fini di una classificazione delle forme o tipi della dimora rurale. Si può limitare il termine "masseria" a quelle forme complesse di dimora rurale, che rappresentano il tipico frutto del latifondismo fondiario.

La masseria della regione iblea può ricondursi a due tipi: siracusano e ragusano. Cogliere le diversità di questi due tipi edilizi, è utile ai fini della conoscenza del territorio sul quale operiamo, visto che la nostra Zona comprende alcuni comuni delle due provincie. Tale diversità si coglie maggiormente, man mano che ci si allontana dai limiti territoriali.

La masseria del tipo siracusano è distinta da una maggiore superficie occupata, da un più capace cortile e soprattutto da un corpo edile a due piani, che interessa talora una notevole parte del complesso rurale – la casa padronale, che ancor ospita la famiglia del proprietario per circa due mesi l’anno (agosto – settembre) durante il periodo del raccolto – dove è manifesto l’influsso edile ed artistico urbano, notevoli appaiono i motivi architettonici secenteschi e settecenteschi.

La masseria del tipo ragusano è più raccolta e contenuta, spesso senza pretese estetizzanti, con muratura viva senza i colori vivaci della masseria siracusana.

Mentre la masseria siracusana ha profondamente modificato, a volte, la diversa funzione dei suoi locali – con l’eliminazione delle stalle che hanno fatto posto al palmento, alla cantina, al trappeto – la masseria ragusana, all’opposto, appare ancora vincolata alla cerealicoltura e all’allevamento bovino.

castelloL’area di massima diffusione della masseria ragusana risulta, oggi, limitata ad un piccolo settore della regione iblea: agli altopiani di Ragusa e di Modica. Quella siracusana, invece, occupa tutta la fascia orientale della regione iblea, da Augusta fino a Pachino, addentrandosi sugli altopiani più profondamente lungo il Tellaro, ove si spinge fino a Frigintini e oltre il Castelluccio. Essa riappare, con forme veramente cospicue, e anzi più imponenti, talora con bastioni turriti ai quattro angoli, nel Caltagironese, con movenze che la collegano dal punto di vista architettonico alle masserie del grande latifondo dell’interno dell’isola.

La masseria nasce direttamente dal calcare sul quale si fonda facilmente sotto i pochi centimetri di humus. Gli stipiti delle porte e delle finestre, gli archi e le piattabande, le soglie ed i basolati , sono di calcare duro; il resto della muratura è di calcare tenero, il cui colore varia dal giallo chiarissimo al grigio. Queste costruzioni sono realizzate a secco, senza malta e senza intonaco , da esperti operai contadini ; gli stessi che costruiscono i muretti ed i terrazzamenti.

I muretti hanno un’altezza media di un metro e si distinguono nel tipo modicano e ragusano. La loro struttura, rinforzata da lastre traverse e opportunamente drenate, può durare integra per qualche decennio. I muretti regolano le alternanze, recingono gli orti e i porcilai , proteggono i giovani carrubi , contengono gli argini dei torrenti e nei terrazzamenti , costituiscono l’isometrica misura delle montagne.

Il tipo più drammatico di queste costruzioni, sono le recinzioni delle antiche masserie dove si allevano pecore, le "mannare" . In questi recinti il muro a secco raggiunge i quattro metri di altezza, ed è coronato da lastre di pietra aggettanti sessanta, settanta centimetri a difesa dagli attacchi dei lupi.

L’importanza di una masseria era segnata dalla presenza della chiesa. Il proprietario si riservava un appartamento ben distinto del complesso. Da quando la necessità della recinzione andò diminuendo, la corte si è aperta in più diretta correlazione con l’intorno. Allora la casa del padrone si distingue dal complesso della masseria, contrastando per il miglior grado di definizione costruttiva e per la presenza delle decorazioni. Si possono pure avere due corpi distinti, oppure la villa affiancata al rustico, con il contrasto del tetto a padiglione ben definito rispetto i vicini, bassi spioventi. Questi sono fatti di travature di legno coperte con tegole di cotto.

Nelle masserie più recenti, della fine dell’800, sotto l’influenza della manualistica la tipologia si è semplificata. La corte si è allungata , ai suoi lati maggiori si sono allineate le fabbriche.

Diversa dalla masseria dell’altopiano è quella delle cave. La masseria di "ciumara". In queste è sempre esplicitamente rappresentata la connessione tra pietre ed acqua. Le colture sono più differenziate e più complessa è l’articolazione plano – volumetrica.

Le case contadine delle piccole e medie proprietà sono molto semplici. Derivano da un nucleo monocellulare cui si aggiungono tutti gli altri elementi. Secondo queste modalità di aggregazione sono usualmente distinte nei due tipi a piani sovrapposti o a pianta giustapposta.

Ancora oggi, il nucleo originario non è molto cambiato a quello descritto da Salvatore Salomone Mario nel 1896. Così descrive : " Una stanza terragna quadra, con i lati da otto a dieci metri , coperta solo da tegoli, con largo uscio ed una o due non grandi finestre sempre nella facciata……. Se spingiamo il "purteddu" e penetriamo all’interno della casa, primo ad apparirci i vista è un "sularu", specie di solaio in muratura che occupa il terzo posteriore dell’abitazione su cui si sale per lo più con la scala a pioli. Esso forma un piano superiore destinato a granaio ……….Al di sotto di esso lo spazio, bipartito da un tramezzo, fa un’alcova da un lato , un camerino dall’altro e mentre sta in questo il letto per i figli, si accoglie in quella il letto per i genitori……Di fronte all’alcova e al camerino , ai due lati cioè della porta di strada e addossati agli angoli troviamo: di là il forno e due o tre "tannuri" (specie di grandi fornelli in muratura), di qua la mangiatoia per le bestie da soma……".

Questa è la casa del piccolo proprietario, quella del bracciante è ancora più povera e più semplice.

Pagano considerava l’architettura rurale come sviluppo dell’archetipo del pagliaio. Questo concetto contiene la nozione che nell’edilizia rurale la CASA RURALE è un tipo che, diciamo, tende alla VILLA. Il contadino la sua casa ha sempre aspirato a portarla all’interno del consorzio urbanizzato; per questo il pagliaio resta alla base di tutti gli altri migliori "ripari provvisionali".

Essendo la maggior parte del territorio ibleo formato da rocce calcaree, i materiali più largamente usati in edilizia come elemento primario sono: la " pietra di Modica " nota per le qualità di maggiore durezza, e la " pietra di Siracusa ", molto più tenera e meno lavorabile.

Gli edifici rurali, in generale, risultano in stato di degrado avanzato, l’abbandono e l’assenza di manutenzioni periodiche ha comportato in alcuni casi, la perdita di pezzi di storia della civiltà rurale, mentre in altri casi, le manomissioni dovute ad indiscriminate ristrutturazioni o l’inserimento di elementi costruttivi moderni, hanno fatto si, che fossero completamente stravolte le caratteristiche tipologiche e architettoniche originarie.

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