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L'evoluzione del concetto di bene culturale nella legislazione.

Con il concetto di “bene culturale” si intende: “tutto ciò che costituisce testimonianza materiale avente valore di civiltà” avendo, il nostro ordinamento sulla materia, superato la concezione estetizzante di bene culturale. Il decreto legislativo del 22 gennaio 2004. n.42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n.137 definisce all’art.2 il patrimonio culturale. Esso è costituito dai beni culturali e paesaggistici. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico ed in aggiunta le testimonianze aventi valore di civiltà. Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio. I beni del patrimonio culturale di appartenenza pubblica sono destinati alla fruizione della collettività, compatibilmente con le esigenze di uso istituzionale e sempre che non vi ostino ragioni di tutela. A questa nozione di “bene culturale” si è pervenuto attraverso un processo legislativo durato nel tempo. L’articolo 9 della Carta Costituzionale del 1948, seppure rappresenta il riferimento fondamentale su cui si incentra ogni discorso giuridico sui beni culturali, non parla specificatamente di beni culturali quanto piuttosto di “patrimonio storico artistico della Nazione”, in senso generico e senza ulteriori specificazioni, inglobando e riproducendo sia pure in una sintesi estrema la legislazione pre-vigente al Testo Costituzionale rappresentata dalla legge del 1939, la legge Bottai, cioè la l. 1089 sulla “Tutela delle cose di interesse storico artistico”. Bisogna attendere i primi anni ’50 per assistere alla comparsa dell’espressione “beni culturali” in documenti di diritto internazionale, primo fra tutti la Convenzione per la protezione dei Beni culturali in caso di conflitto armato firmata nel 1954 all’Aja. In Italia è stata la Commissione Franceschini, nominata nel 1964 ad avanzare proposte sulla tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico della Nazione, a proporre la prima vera e propria nozione di beni culturali, di carattere però non legislativo, in una relazione di chiusura lavori. Si definirono beni culturali oltre ai beni di interesse storico, artistico, archeologico, ambientale, paesaggistico, archivistico e librario, anche “ogni altro bene che costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà”. Superando la concezione estetizzante proposta dalla legge 1089 del 1939, con la quale veniva riconosciuta la tutela solo ai beni di particolare pregio, rarità e di non comune bellezza, si introdusse una interpretazione storicistica del concetto del bene culturale come bene che ha riferimento alla storia della civiltà, che ha una funzione sociale configurandosi come volano per lo sviluppo intellettuale della collettività e come elemento che contribuisce alla definizione dell’identità delle collettività locali. L’adozione di questa nuova terminologia era anche espressione della volontà di concepire in maniera nuova la politica di tutela dei beni culturali non più basata sull’assoggettamento del bene ad un regime vincolistico rigoroso ma volta a garantire alla collettività una fruizione ampia ed effettiva del valore custodito nel bene. La nozione di bene culturale è stata introdotta per la prima volta nell’ordinamento italiano dal legislatore col decreto legislativo del 31 marzo 1998 n°112 articolo 148. Esso, adottando il metodo della elencazione puntuale che era stato tradizionalmente utilizzato nella legislazione precedente in materia di beni culturali definisce questi ultimi come “quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demo-etno-antropologico, archeologico, archivistico e librario”. A ben guardare le categorie cui si fa riferimento sono quelle contemplate dalla legge 1089 del 1939 solo che il termine di “cose” è stato sostituito dal termine patrimonio. La seconda parte dell’articolo dicendo che sono beni culturali “gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà così individuati in base alla legge” risente in maniera ovvia dell’influenza della definizione fornita dalla Commissione Franceschini però se ne discosta non facendo alcun riferimento alla materialità e alla datazione del bene culturale quindi consentendo di inglobare alcune categorie di beni prima non considerati. Basti pensare alle tradizioni popolari o folkloristiche che pur non avendo un supporto materiale costituiscono innegabilmente testimonianza della storia e della civiltà di un paese. Con il decreto legislativo n.368 del 1998 in attuazione della legge .n.59/97 è stato istituito il Ministero dei beni e delle attività culturali al quale erano devolute le attribuzioni del precedente “Ministero per i beni culturali ed ambientali” e quelle sullo spettacolo, sport e impianti sportivi che precedentemente spettavano alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali adottato con decreto legislativo del 29 ottobre del 1999 n°490, non accoglie l’ampia definizione contenuta nell’articolo 148 del decreto legislativo n°112 del 1998 ma adotta una definizione normativa di bene culturale che assume come suo nucleo centrale le “cose” regolate dalla legge 1089 del 1939 sottolineando l’esigenza della materialità del relativo supporto e la storicità e inglobando nella nozione altre categorie di beni già fatte oggetto della disciplina normativa. L’articolo 2 del Testo Unico riproduce gli articoli 1 e 2 della legge del 1939 riproponendo la distinzione tra “le cose mobili e immobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o demo-etno-antropologico” e gli “immobili che a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte o della cultura in genere, siano state riconosciuti di interesse particolarmente importante”. Alla prima categoria appartengono le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà, le cose di interesse numismatico, i manoscritti, gli autografi, i carteggi, i documenti notevoli, i libri, le stampe, le ville, i parchi,i giardini che abbiano interesse artistico e storico. Rispetto alla legge del 1939 vengono inclusi nella categoria di bene culturale anche i “beni archivistici”, i “beni librari” e le “fotografie con relativi negativi e matrici, aventi carattere di rarità e pregio artistico e storico”. I "beni librari"comprendono le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato e degli enti pubblici; le raccolte librarie appartenenti a privati, se di eccezionale interesse culturale; i manoscritti, gli autografi, i carteggi, i documenti notevoli, gli incunaboli, nonché i libri, le stampe, le incisioni, aventi carattere di rarità e pregio; le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio artistico o storico. L’articolo 3 individua alcune categorie speciali di beni culturali già individuati dalla legge del 1939 e da interventi legislativi successivi. In particolare vengono inclusi fra i beni culturali “gli affreschi, gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli e gli altri ornamenti di edifici, esposti o non alla pubblica vista”. L’articolo 4 è stato aggiunto in extremis al corpo del Testo Unico. Esso rende omaggio alla definizione unitaria di "bene culturale" inteso quale "testimonianza avente valore di civiltà". Ma la formula non ha un'immediata efficacia operativa che consenta di qualificare una cosa come bene culturale. Siamo in presenza di una specie di "norma di chiusura" del sistema di individuazione dei beni culturali che da una parte conferma come le singole specie di beni culturali devono essere espressamente individuate da una norma di legge, dall'altro lato consacra il definitivo tramonto della concezione estetizzante dei beni culturali a favore di una più ampia visione degli stessi e delle politiche pubbliche che li riguardano. Da qui il già richiamato ,in premessa,decreto legislativo n.42 del 2004.
Autore: Ing.Simona Incatasciato

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