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Conservazione, tutela e valorizzazione dei beni culturali nell'area iblea a riconoscimento Unesco

Una corretta operatività sui beni culturali che persegua come obiettivo la loro conservazione, fruizione e valorizzazione non può prescindere dalla individuazione precisa di un iter metodologico da seguire, che prenda le mosse da un processo conoscitivo che si configura preliminare a qualsiasi tipo di intervento. Se ci si accosta ad un bene culturale, sia esso una scultura un dipinto o un manufatto architettonico, comunque dotato di una notevole istanza storico-estetica, il primo atto da compiere è la conoscenza che deve essere quanto più oggettiva possibile, omnicomprensiva, ed inoltre multidisciplinare ed intersettoriale. Nel caso specifico dei manufatti architettonici, i percorsi conoscitivi necessari per ottenere una reale conoscenza dell’oggetto edilizio comprendono in primo luogo l’analisi diacronica dei fatti costruttivi in cui sono racchiuse tutte le operazioni indagative che consentono di comprendere come è nato il manufatto, chi lo ha ideato, chi lo ha realizzato, come si è trasformato, quali relazioni ha avuto con il suo intorno. Lo scopo ultimo è la redazione del “regesto” della fabbrica, che sulla scorta di studi storico-archivistici, consente di individuare tutte le vicende che hanno portato il manufatto alle attuali condizioni così da comprendere anche quali decadimenti lo hanno interessato nel corso della vita e quali interventi di risanamento sono stati adottati. Il secondo passo consiste nell’effettuare le indagini geometrico-spaziali che favoriscono la comprensione dell’oggetto nella sua interezza e nei suoi dettagli e si avvalgono del rilievo che fornisce l’esatta configurazione del manufatto e che si compone di una relazione descrittiva, di disegni a varia scala e di fotografie. Alla definizione spaziale segue la determinazione del corpus cioè il riconoscimento dell’apparecchiatura tecnico costruttiva del manufatto, quindi l’identificazione dei materiali base, dei componenti edilizi e del loro modo di connettersi. Si esegue,quindi, il rilievo delle manifestazioni visibili delle patologie presenti che verranno opportunamente indicate nelle mappature del degrado e sulla scorta di queste sarà possibile diagnosticare tutti i degradi presenti. Due sono i percorsi di cui ci si può avvalere per formulare una corretta diagnosi dei degradi: uno è quello che viene definito percorso prevalentemente clinico, basato sulle proprie conoscenze teoriche e pratiche, l’altro che si avvale di indagini strumentali atte alla quantificazione delle alterazioni di alcune caratteristiche prestazionali insite nei singoli componenti edilizi e che è comunemente noto come percorso prevalentemente strumentale. Nella maggior parte dei casi i due metodi si incrociano. Nel caso specifico dei beni culturali si ricorre il più delle volte ad una particolare diagnostica strumentale che ha la caratteristica di essere non invasiva e per questo è solitamente chiamata non distruttiva. La diagnosi delle patologie presenti è accompagnata, come detto , da opportune mappature grafiche per identificare le varie patologie e localizzare le specifiche operatività. Si distinguono due tipi di mappature: quelle sintetiche in cui sono rappresentate le manifestazioni visibili di tutti i degradi rilevati e quelle tematiche in cui sono riportati i valori di una singola tipologia di decadimento. Passaggio successivo alla individuazione e localizzazione delle manifestazioni visibili e alla formulazione della diagnosi è l’individuazione delle cause che hanno innescato le alterazioni rilevate in modo da potere stabilire con esattezza le terapie operative necessarie per un corretto risanamento. Successivamente a questa fase conoscitiva inizia la fase progettuale dell’intervento riabilitativo.Ogni procedura riabilitativa si compone di una serie di momenti operativi dettati da conoscenze scientifico-professionali o da protocolli fissati che rappresentano per ogni specifico degrado da eliminare dei passaggi obbligati. Predisporre un intervento di risanamento al fine di conservare un bene culturale che nello specifico assume la connotazione di un manufatto edilizio vuol dire individuare una serie di tecniche operative volte a restituire ai singoli elementi degradati le caratteristiche prestazionali di cui essi erano dotati originariamente. Le tecniche operative suddette devono risultare specifiche per le malattie diagnosticate, compatibili con l’apparecchiatura tecnico-costruttiva, minimali e possibilmente reversibili. Gli aspetti metodologici ed operativi e l’intero iter riabilitativo sono condizionati dal giudizio di valore che consiste nel riconoscimento delle istanze storica ed estetica manifestate dal bene culturale. Una volta definito il procedimento terapeutico da eseguire è possibile individuare elencare e descrivere per ogni singola operatività una successione di fatti destinati a costituire uno specifico intervento riabilitativo. L’iter metodologico non si esaurisce tuttavia con l’esecuzione dell’intervento di risanamento ma prevede come ultimo atto il controllo di qualità cioè l’insieme di tutte quelle procedure ed accertamenti che vengono messi in atto per effettuare la verifica dell’efficacia dell’azione riabilitativa. Anche la prova del tempo riveste una grande importanza in quanto permette di controllare i cambiamenti che gli elementi risanati hanno subito in seguito alla interazione con l’ambiente circostante. Quest’ultima fase assume un ruolo alquanto significativo specie quando ci si trova in presenza di beni dotati di un’elevata istanza culturale. Nel momento in cui si voglia intervenire puntualmente e correttamente su un manufatto edilizio da tutelare dotato di un forte valore culturale la definizione delle modalità operative più appropriate per il recupero e la conservazione deve passare necessariamente attraverso una esauriente raccolta di informazioni ed una loro successiva elaborazione in modo da permettere di effettuare l’anamnesi della fabbrica e la ricostruzione della storia, dei materiali, delle tecniche costruttive e delle patologie presenti. Oggi che ci accostiamo alle fabbriche edilizie della tradizione nel tentativo di preservarle e farle rivivere dobbiamo interrogarle pazientemente non fermandoci alla superficie, ma andando a fondo nella ricerca dettagliata di ogni loro intima peculiarità. Modica,inserita nel circuito del Val di Noto, dichiarata nel 2002, con Ragusa, Scicli e Noto patrimonio dell’Umanità, oggi, in ossequio anche a questo importante riconoscimento, deve provvedere, con apposite politiche, alla tutela e conservazione dei suoi monumenti ed edifici storici con interventi di recupero, restauro, manutenzione e consolidamento accompagnati da azioni tese alla loro valorizzazione.

Autore: Ing. Simona Incatasciato
Lavoro svolto nell'ambito del Master in "Economia del recupero e della valorizzazione dei beni culturali" - Scuola Superiore di Catania

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