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Aiace e Fedra rivivono a Siracusa



Maurizio Donadoni interpreta Aiace

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Fedra e Aiace conquistano Siracusa
Il rapporto tra uomini e dei al centro al centro del nuovo ciclo di tragedie al Teatro Greco, dove l’Inda si è affidata con successo ai giovani Daniele Salvo e Carmelo Refici


di SIMONETTA TROVATO
SIRACUSA. Arroganza, ultimo peccato. E l’uomo, il piccolo uomo, non deve permettersi di alzare la testa contro gli dei. È questo il tema principe del nuovo ciclo di tragedie al Teatro Greco di Siracusa dove l’Inda si è fidata di due giovani e ha affidato l’”Aiace” di Sofocle a Daniele Salvo e la “Fedra” di Euripide a Carmelo Refici.
E se il primo ha deciso per un allestimento cinematografico, aiutato anche dalla scenografia, a prima vista falsamente essenziale, di Jordi Garcés, che presto si trasforma in un altare grandguignolesco, un mattatoio di animali sgozzati, Refici ha preferito giocare tutto sugli spazi ampi dominati dalla pazzia, ma soprattutto dalla Parola. Già la parola: che nella traduzione di Guido Paduano per Sofocle diventa sussurro o grido contemporaneo, ma che in Edoardo Sanguineti – che ha tradotto “a calco” Euripide – recupera l’antico, il passato, il suo lontano scevro da neologismi.
“Aiace” racconta il dramma del guerriero greco cui vengono negate le armi di Achille e per questo diventa folle, rifiutato dai suoi stessi compagni, e si uccide; “Fedra” è la regina innamorata e rifiutata del suo figliastro che si impicca lasciando uno scritto in cui accusa il giovane Ippolito di averla violentata. Due allestimenti diametralmente diversi, quelli siracusani, ognuno per suo verso da vedere: se Aiace – Maurizio Donadoni, mai sopra le righe – è l’uomo di ieri senza libero arbitrio, senza capacità decisionale, se non della propria fine, la marionetta folle che Atena muove a suo piacimento, Fedra – una straordinaria Elisabetta Pozzi - non ha orgoglio se non quello della donna ferita, in delirio, l’innamorata per la quale tutto è lecito, anche l’inganno e la menzogna, pur di raggiungere la vendetta dell’animale rifiutato. Non guardano avanti né Sofocle né Euripide: se in “Aiace” si affaccia il nuovo, Ulisse, il pensatore, il politico, Fedra è incastrata nel pianto antico e non riesce a tirarsene fuori se non con la morte.
Di valore il resto della compagnia: Ilaria Genatiempo è prima Atena vendicatrice poi una malvagia Afrodite, che nulla ha della delicatezza botticelliana. Poi Massimo Nicolini – prima messaggero poi Ippolito – Antonio Zanoletti, Francesco Biscione, Giacinto Palmarini, Tindaro Granata, una brava Guia Jelo, Alessia Giangiuliani, Mauro Avogadro. Repliche alternate fino al 20 giugno.

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