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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

In italia
05/12/2013 itinerario

Modica, il barocco sapor di cioccolato

La cittadina siciliana patrimonio dell’Unesco è famosa per i set di Montalbano
e per le specialità figlie del cacao

Un’immagine di Modica con il duomo illuminato

laura anello

Sembra una città partorita da un sogno, e da un sogno ardito, con le scale che si inseguono sulle colline e poi scendono giù nei dirupi, con le chiese barocche affacciate sul nulla, con torri e campanili che svettano inaspettati su distese di tetti. Per questo, e per i diciassette ponti che fino all’Ottocento l’attraversavano, Modica nell’edizione dell’Enciclopedia Treccani del 1934 era definita la città più singolare d’Italia, come Venezia.  

 

Ai primi del Novecento, il fiume che scorreva dentro una sorta di canyon che divide in due la città è diventato l’attuale corso Umberto – e insieme sono spariti i torrenti, i ponti e i ventitré mulini ad acqua che davano il ritmo alle giornate - ma lo stupore e l’incanto rimangono mentre lo sguardo corre sulla città, gustando «l’effetto bizzarro, unico, qualcosa di addirittura irreale come visto nel prisma deformante del sogno, come un immenso fantasmagorico edifizio di fiaba, il quale, anziché di piani, fosse fatto di strati di case», come scriveva il poeta veronese Lionello Fiumi negli Anni Sessanta del Novecento.  

 

Incoronata «Patrimonio dell’Umanità» dall’Unesco, come tutta la regione della Sicilia orientale in cui sorge (il Val di Noto, tripudio di barocco), Modica è un’antica capitale che a fatica si può chiamare provincia. Perché fino a un secolo fa era la quarta città della Sicilia per numero di abitanti e importanza politica, «Regnum in regno», per citare la formula con cui re Martino concesse nel 1392 all’ammiraglio Bernardo Cabrera la contea di Modica, che corrispondeva quasi all’attuale territorio di Ragusa. Un regno nel regno, appunto, forte di un collegio gesuitico che rilasciava lauree e di un tribunale di Gran Corte con una giurisdizione penale amplissima che comprendeva tutti i gradi di giudizio. E con una classe operosa di piccoli proprietari terrieri che hanno sottratto questo lembo di Sicilia all’abbandono pigro del latifondo e alle lotte feroci di classe. Facendone la food valley dell’Isola, con tutto un fiorire di ristoranti stellati, oli, formaggi e il celebre cioccolato artigianale che fino a domenica celebra il suo trionfo con Chocomodica, tre giorni di esposizioni, laboratori, degustazioni, percorsi didattico-sensoriali, concerti, visite guidate, incontri con scrittori. Tutto in onore di sua maestà il cioccolato, che qui conserva l’aura magica degli Aztechi.  

 

Dal Sudamerica, attraverso gli spagnoli che qui la portarono nel Settecento, deriva questa ricetta «di inarrivabile sapore, sicché a chi lo gusta sembra di essere arrivato all’archetipo, all’assoluto, ché il cioccolato altrove prodotto – sia pure il più celebrato – ne sia l’adulterazione, la corruzione», come scriveva Leonardo Sciascia. Il segreto sta nella preparazione a crudo, a bassa temperatura: la pasta di cacao non arriva a fondersi con lo zucchero, che resta intatto, granuloso, si scioglie subito in bocca mentre gli aromi permangono a lungo. Nella ricetta tradizionale è alla cannella e alla vaniglia, ma ormai è declinata in ogni gusto. 

 

Fuori da Modica, c’è l’imbarazzo della scelta su dove dirigersi attraverso le campagne inconfondibili, percorse come una ragnatela dai muretti a secco. Perché tante sono, intorno, le rotte del barocco che segnò la seconda vita di queste terre, rinate dopo il terremoto devastante del 1693. E tante le rotte aperte nell’immaginario collettivo dal commissario Montalbano televisivo. Impossibile non finire a Ragusa Ibla, che rinacque dalle macerie, un miraggio di luci e di ombre, con la piazza centrale che è un salone sontuoso a cielo aperto. Gli appassionati dell’eroe di Camilleri (ma anche solo del bello) non perderanno piazza Duomo, piazza Pola, Palazzo Cos costruito in stile neoclassico dall’aristocrazia cittadina con il circolo di conversazione. Chi vorrà spingersi fino a Noto non potrà fare a meno di percorrere le strade costellate da palazzi dove a reggere i balconi barocchi sono mensoloni decorati da sirene, putti, animali, fantastici, un’altra incursione nel sogno. Per fare tappa alla cattedrale, crollata nel 1996, ricostruita nel 2007, affrescata e arricchita da opere di artisti contemporanei. Difficile poi, arrivati a Scicli, andare via. Tanto incantata è questa cittadina dove le facciate settecentesche della via Mormino Penna, e più di tutte Palazzo Beneventano, sono – secondo l’Unesco - «un capolavoro del genio creativo umano dell’età tardo-barocca». Solenne e accogliente insieme, è un inno alla qualità della vita, a dispetto delle trasferte non di piacere del commissario Montalbano, che qui è costretto agli incontri alla questura di Montelusa, ambientata a Palazzo Iacono. Per fortuna non troppo lontano c’è il paese di Santa Croce Camerina, con la sua spiaggia di Punta Secca che nella fiction è Marinella, il buon ritiro del poliziotto. La casa, ora anche bed&breakfast, appartiene a un nobile che nel 1930 ebbe il permesso del demanio per costruire a due passi dal mare. Il set più amato.

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