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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

Quando 'cuntàri u cuntu' è una magìa della parola



POCHE altre cose spiegano felicemente la magia del parlar siculo quanto la locuzione cuntàri ' u cuntu. Essaè sublime mescolanza, coincidenza di opposti a formare l' unicum delle cose pensabilie dicibili. La vitaè tutta un cuntàri ' u cuntu, ma soltanto il parlar siculo permette di esprimerne appieno l' idea. Senza dover procedere a separare il separabile, quando invece si può cercare l' armonia. E quale armonia più azzardata di quella fra il numero e la parola? Che invece prodigiosamente si sposano. Anche questo è un cuntu ' i cuntàri. è infatti che se vi toccasse spiegare a un continentale il senso della locuzione, dovreste innanzitutto chiedergli d' assittàrisi e di ' un v' assicutàri. Perché ' u tempu cci vòli. E dovreste cominciare dal dirgli che il siculo non capisce perché mai, come gl' insegnano alle elementari, non si possa sommare le mele e le pere. "E ccu ' u dissi?" pensa indispettito. Lì il siculo capisce che l' aritmetica è convenzione, a suo modo arbitrio e congiura. Altro che scienza esatta! Perciò la rifiuta. E anche se per il resto del mondo "4 mele + 3 pere" fa "4 mele e 3 pere", per le genti dell' Isola "4 mele+3 pere" fa sétti còsi. Oggetti da riportare dentro uno stesso insieme, che è un posto in cui i diversi coesistono. È in virtù di questo cosare le cose che s' inizia a cuntàri ' u cuntu. Nel senso che si dà a ogni oggetto un significato, e perciò gli si fa vivere una vita a sé. E "sette cose" è un senso a sé, che rifiuta la congiura della scienza esatta e impone un' altra logica. N' àutru cuntu ca si cunta. Ma c' è soprattutto che cuntàri ' u cuntu è l' incontro di due realtà rese non mescolabili dalla lingua italiana, come si pretende non lo siano le mele e le pere. La locuzione sta infatti per contare il conto: e dunque maneggiare numeri, effettuare un esercizio computativo. Ma sta anche per raccontare il racconto, cioè mettere il mondo accaduto in forma di parola facendone materia da esercizio letterario. Il massimo della (pretesa) oggettività vs. il massimo dell' arbitrio personale. Si può far andare d' accordo il compasso con gli arabeschi? E invece tutto quanto viene ricondotto sotto l' unico senso del cunto e del cuntàri. Con la differenza fra le due accezioni che si fa contestuale. Bisogna essere dda ' nto ménzu per capire quali cuntu si sta cuntànnu. Se sono nùmmari o palòri. Sapendo inoltre che ogni cuntu - sia computo o racconto - è improvvisazione. Un esercizio creativo che mai si ripeterà uguale a se stesso. Tanto, poi, comu finisci si cunta. Anche perché non si tratta mica soltanto di cuntàllu, ' u cuntu. C' è anche da darlo. E soltanto il talento del siculo per il parlar contestuale può cogliere il senso del dari cuntu. Che può significare due cose esattamente opposte: il dari cuntu inteso come ascoltare, e predisporsi verso l' altro in termini di comprensione ( "Dìcimi soccu m' ha ddiri ca sugnu cca pi ddàriti cuntu" ); ma anche il dari cuntu che si deve per giustificare il proprio agire, rendendosi o meno disponibili a fornire spiegazioni ( "Ma tu cu sì ca t' hàiu a ddari cuntu?" ). Soltanto l' essere calati nella situazione spiega quale sia il senso in cui si chiede: "Mi vo dari cuntu?". Ma forse a quel punto l' interlocutore continentale avrà capito,e si sarà reso conto (appunto) dei frustranti tic che la lingua nazionale gli ha inflitto. E magari comincerà pure a chiedersi perché mai l' idea di "fare un report minuzioso" venga espressa in italiano per mezzo di due diverse parole, a seconda che si tratti di numeri ( rendiconto) o parole ( resoconto ). Quanto più leggiadro sarebbe invece cuntàri ' u cuntu pure nel bel mezzo di un consiglio d' amministrazione. Ché tanto si tratta comunque di fiction proseguita con altri mezzi, altro che rigore ragionieristico. - PIPPO RUSSO

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