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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

Viaggio tra le opere fortificate della provincia iblea

Le opere fortificate della provincia di Ragusa vanno dai  monumenti ricostruiti nel settecento alle dimore abbandonate e ridotte a semplici ruderi, per lo più interrati. Manufatti questi che sorgevano su suggestive e incantevoli posizioni che hanno per anni attirato i grandi viaggiatori e che nel tempo si sono trasformati: da fortezze medioevali sono divenute eleganti palazzi rinascimentali o nobili residenze dell’Ottocento.
L’attuale patrimonio architettonico fortificato esistente in provincia di Ragusa è frutto della particolare configurazione del paesaggio nell’area degli iblei meridionali, delle vicende economiche e sociali, nonché dei grandi eventi naturali e storici.
A causa delle concessioni enfiteutiche operate dai conti  dal 1400 in poi  e soprattutto del disastroso evento sismico del 1693 questo patrimonio si è notevolmente ridotto cancellando in gran parte preziose testimonianze di queste particolari dimore.
L’interessante itinerario storico-culturale delle opere castellate della provincia di Ragusa, da noi proposto, riguarda le più significative strutture fortificate esistenti, partendo da Modica per raggiungere Ragusa, Comiso, Vittoria, Acate, Chiaramonte Gulfi, Monterosso Almo, Giarratana,  e quindi Scicli, Ispica e Pozzallo.

Il Castello di Modica era stato impiantato su uno sperone roccioso a picco su due vallate confluenti e per la sua posizione attirò l’attenzione di numerosi viaggiatori stranieri.. Questo acrocoro roccioso  che sovrasta la città rappresenta senza dubbio la più singolare testimonianza lasciata dagli abitanti dell’antica Motyca. La sua preponderante emergenza sull’abitato ci invita ad un viaggio indietro nel tempo, fino a ritrovare una forma diversa di fare architettura. La pareti rocciose dell’acrocoro si fondono con le pareti di pietra costruite dall’uomo. Il colore dello stesso materiale contribuisce a creare con il verde dei rampicanti, il grigio della roccia, il verde dei licheni una mescolanza di effetti cromatici di cui solo la natura è maestra. Le torri che sovrastavano la rocca ai quattro angoli esprimevano l’apparente dominio dell’uomo sulla natura. La descrizione più antica del manufatto si deve allo storico Placido Caraffa, che parla di quattro torri angolari, un ponte levatoio, un cortile, un giardino, un vivaio, tre chiese, gruppi di fabbricati in doppia fila, con volte a crociera, un “tempio del sole”, una porta centrale di ingresso. Per tre lati il castello era protetto da profondi scoscendimenti. Nei fianchi che partono da oriente e vanno  verso mezzogiorno, il passaggio è fantastico: fette di roccia pare siano state messe sotto le costruzioni per impedire agli assalitori di arrampicarsi. Il castello aveva un ingresso da nord dove era situata la porta Anselmo ed una torre di difesa sulle rocce retrostanti. Una seconda porta era ubicata nel quartiere Raccomandata, una terza nel quartiere San Pietro e la quarta a Sud nella zona della Postierla, dove esisteva una uscita sotterranea. Il castello ha vissuto varie vicende che ne hanno purtroppo determinato la sistematica spoliazione. E’ probabile che la sua fondazione risalga al periodo normanno.  Distrutto dal sisma del 1693 fu venduto nel 1816 e occupato nel 1877 da un collegio femminile delle suore di carità. Oggi la vista dei pochi ruderi può lasciare una scarsa nozione dell’antica magnificenza, ma  le opere conservate in prestigiose biblioteche testimoniano del passaggio di antiche famiglie quali i Mosca, i Chiaramonti, i Cabrera, gli Henriquez e personaggi come Manfredi, Andrea Chiaramonti e Bernardo Cabrera.

Spostandoci a Ragusa, l’antica Ibla dei monti Erei giace oggi sotto le case della parte bassa della città, divisa in due parti dal fiume Ippari. La storia di questa città fortificata si perde nella notte dei tempi. Il castello di Ragusa che sorgeva sull’isolata collina di Ibla doveva essere molto imponente, impiantato probabilmente su antiche strutture bizantine ed esistere sin dal 1091 con i Normanni che eseguirono lavori di restauro. Fu distrutto totalmente dal terremoto del 1693. Del manufatto esistono solo descrizioni seicentesche che riferiscono di una struttura a quattro torri merlate, con alte mura e feritoie, due piazze d’armi, fossati e dimore interne. La città rinacque con la fisionomia del trionfante settecento, mentre il quartiere sul colle di Ibla mantiene la sua struttura medioevale con appariscenze barocche che ancora oggi stupiscono i visitatori.
Sempre nel territorio di Ragusa si trova la più famosa e nobile dimora ottocentesca con l’aspetto di un’imponente fortezza
medioevale: il castello di Donnafugata. La struttura occupa una superficie di circa 2500 metri quadrati e le sue origini risalgono probabilmente all’anno mille, sotto gli arabi. Sulla vecchia struttura, carica di storie affascinanti, il barone Corrado Arezzo, alla fine dell’ottocento ne ingrandì la costruzione creandovi intorno una dimora gentilizia con ben 122 stanze, un grande parco, un coffee house e un labirinto. Dall’ingresso del cortile lo spazio è scandito dalle pareti dell’androne con volte in pietre da taglio, mentre l’accesso alla grande scala in lucida pietra nera con in cima  la sala degli stemmi è tenuto a guardia da due armature di imponenti cavalieri del seicento. Una miriade di stemmi castellani tappezzano le pareti con i simboli della nobiltà italiana ed isolana. La camera della regina, Bianca di Navarra, ha ancora il pavimento arabo a disegni geometrici e il letto nascosto in una nicchia. Imponenti, infine, gli specchi ove si riflettono all’infinito i manichini stupendi della famiglia e i cristalli dei lampadari ormai opacizzati dal tempo.

La porta di San Biagio, con la sua bellissima statua di marmo, apriva l’accesso al Castello di Comiso. Accanto a questa porta sorge l’antico castello, Palazzo dei Naselli, dimora prebarocca costruita su un antico edificio religioso, un battistero bizantino, e poi trasformato in torre ottagonale di difesa. Trattasi di un vero e proprio palinsesto di fabbriche di varia epoca, la cui parte centrale è dovuta alla ricostruzione settecentesca. In esso sono evidenti i segni del passaggio da castello feudale a dimora baronale. Muraglie bastionate con possenti torri dalle strette feritoie, arricchiti da grandi finestre con frontoni rinascimentali, imponevano al maniero l’aspetto del palazzo fortificato. Signore del castello di Comiso fu nel XII secolo Berligheri, nel XIII Giovanni Chiaramonte e nel 1408  Bernardo Cabrera. Imponenti opere di rifacimento avvengono nel castello nel XV-XVI secolo ad opera dei Naselli che utilizzarono l’ex struttura come torre inserendola in un funzionale sistema di difesa. Sotto questa famiglia si costruirono le prime residenze fuori del recinto fortificato e nell’ala nuova del loggiato si realizzò il mastio quadrangolare. Il terremoto del 1693 non risparmiò il castello, la cui ricostruzione avvenne nel 1724. Con la dominazione borbonica   il manufatto rimase abbandonato finchè nel 1841 una parte di esso fu trasformata in teatro comunale. Oggi conserva buona parte dell’impianto medioevale: interessanti due porte a sesto acuto in stile gotico chiaramontano.

Nel centro abitato di Vittoria trovasi il Palazzo dei conti ,restaurato di recente e oggi sede museale. L’edificio a pianta rettangolare si eleva su due piani senza linea di marcapiano e cornice di coronamento. Delle larghe paraste scandiscono il prospetto a cui fanno contrasto piccoli stipiti con piattabande. Gli ambienti interni sembrano seguire un rigoroso ordine simmetrico con un vano d’ingresso centrale che presenta una pregevole trifora di sapore cinquecentesco. Ha subito negli anni numerosi rifacimenti e adattamenti. Sembra, comunque, che questo palazzo che ospitò nel 1643 il Conte di Modica Giovanni Alfonso Enriquez, viceré di Sicilia e di Napoli, sia stato costruito su un manufatto presistente che condizionò la nuova progettazione.

Ad Acate  l’intero abitato è caratterizzato dalla imponente struttura del castello dei principi di Biscari. E’ stato il barone Guglielmo Raimondo del Castello che nel 1424 ha fatto costruire il palazzo Biscari nella piazza più importante del paese. L’edificio che si conserva tuttora  nelle parti principali asseconda il movimento della piazza con le due torri laterali. Di impianto rettangolare,  si snoda intorno al cortile quadrangolare con due eleganti loggette ed una piccola icona quadrangolare di sapore quattrocentesco. Si sviluppa in due elevazioni: il palazzo fortificato ha un recinto e merlature ghibelline sulle torri e conserva al piano terreno i disimpegni per la cavalleria, le dispense e le attrezzature mentre al piano elevato accoglie la zona nobile del maniero. Androne, scala ed ambienti di rappresentanza si susseguono in suggestiva sequenza. Nel seicento il principe Agatino Paternò Castello lo trasformò in Palazzo principesco. Dopo il sisma del 1693 venne restaurato ed oggi è di proprietà pubblica ed è utilizzato per manifestazioni culturali, museo e visite turistiche.

Il Castello di Terravecchia di Giarratana si trova alle sorgenti del fiume Irminio, nell’area dell’antico oppidum di Ceratanum, noto anche  a Cicerone. Il castello dovette esistere fin dal 1195 e fu completamente distrutto dal sisma del 1693. Occupava la parte più alta e più inaccessibile dello stesso colle dove in seguito si è sviluppato l’attuale paese. I pochi resti del manufatto occupano lo sperone vulcanico nelle vicinanze di Monte Lauro.

Altri antichi castelli di cui non resta traccia, risalenti al 1366, si trovavano a Monterosso Almo  e a Dirillo in rovina già alla metà del XVI secolo, ma in presenza di pochi ruderi, sulle loro planimetrie è possibile formulare solo delle ipotesi.

Nel centro urbano di Chiaramonte Gulfi., nel quartiere Baglio, una porta in pietra è lunico avanzo dell’antico castello risalente probabilmente al XII secolo, ricostruito dai Chiaramonti, conti di Modica nel XIII-XIV secolo. L’antico castello occupava la parte alta dell’acrocoro che fu integrata da pezzi di murature perimetrali che lo rendevano inaccessibile dalla parte di levante e mezzogiorno, mentre da occidente e settentrione una muraglia lo delimitava interamente. All’interno sorgeva una torre maestosa con grandi finestre nella parte alta coronata da merli ed affiancata da grossi baluardi. Oggi le poche vestigia che il terremoto ha risparmiato sono una cisterna a forma cilindrica e qualche rudere. Il castello fu centro dell’attività politica dei Chiaramonti.

L’affascinante viaggio tra i castelli iblei non può non prevedere una visita ai resti del palazzo Marchionale nel parco della Forza di Ispica.  I resti sopravvissuti consentono una lettura ricostruttiva dell’impianto. Esso è circondato da una poderosa  cinta muraria in buona parte conservata, ha due corti acciottolate, diversi ambienti, una torre di cui restano le fondazioni dei muri perimetrali. All’interno dell’area fortificata sono presenti le scuderie di palazzo, un mulino e una conceria, i resti della chiesa dell’Annunziata, una via gradinata, case rupestri ed il “centoscale” un tunnel sotterraneo e gradinato per attingere l’acqua.

Nel centro abitato di Scicli, sulla cresta del colle Castellaccio, si trova il castello dei "tre cantoni", risalente al XIII secolo, senza escludere un’origine più antica.. Il castello è diviso in due nuclei difensivi ben definiti. Uno, la fortezza grande denominata Maggiore, è riconoscibile dalle rovine delle muraglie e l’altro, il castello minore, detto Lo Steri e poi dei tre cantoni, è posto nella parte alta a dominare con la sua posizione tutta la città ed il territorio. Nell’ambito delle evoluzioni e delle architetture fortificate siciliane rappresenta un unicum per via anche della grande roccaforte triangolare, rafforzata sul lato orientale da un fossato di sbarramento  che taglia la rupe, isolando l’intero complesso. La struttura perimetrale della fortificazione è piuttosto sontuosa, realizzata con un’antica tecnica muraria “ad empleton”.

Concludiamo il nostro viaggio a Pozzallo nel centro urbano dove è ubicata la torre Cabrera risalente alla fine del XIV secolo, interamente conservata, affacciata sul mare che sovrasta per altezza e volumetria le costruzioni vicine. Furono i Chiaramonti che volendo proteggere il caricatore di Pozzallo dalle incursioni dei corsari, decisero di far costruire la grande torre di difesa. A pianta quadrata, formata da tre piani, l’edificio raggiunge un’altezza di oltre 30 metri e ogni piano è diviso in due vasti ambienti rettangolari.  Conserva ancora delle porte molte antiche, probabilmente coeve alla costruzione quattrocentesca, con archi sovrastati dagli stemmi dei Cabrera.
Restaurato e ristrutturato nel colore naturale della pietra arenaria è stato trasformato nella destinazione d’uso per essere adibito a scopi culturali e turistici.
Autore Mario Incatasciato

Aggiornata l'ultima volta da mario giovanni incatasciato 21 Dic 2009.

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