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La rivolta degli schiavi siciliani

La guerra servile

La rivolta degli schiavi siciliani

 Nel 101 avanti Cristo veniva definitivamente soppressa la cosiddetta rivolta degli schiavi siciliani. Si chiudeva così un capitolo importante della storia isolana, perpetuato col nome di “guerra servile”.

Sono trascorsi quindi duemila e centodieci anni da quell’episodio ancora non del tutto chiaro della conquista romana del mondo allora conosciuto. La soppressione fisica degli schiavi siciliani che avevano “osato” ribellarsi significò di fatto il via libera alle falangi repubblicane per la conquista del Mediterraneo prima e del resto del mondo poi.

La seconda guerra servile (una prima guerra con caratteristiche simili era scoppiata settanta anni prima) scoppiò nel 104 avanti Cristo. Non appena scoppiò la rivolta in Sicilia, Roma non fu in grado di organizzare un forte esercito per reprimerla, dato che le sue truppe migliori erano impegnate altrove. E c’era poi un altro motivo, molto importante per i milites dell’Urbe: era diffusa convinzione comune che una guerra servile non fosse molto onorevole per chi la combatteva, visto che gli avversari erano non uomini, ma, secondo il diretto romano, null’altro che “cose” e poi non v’era prospettiva di bottino e di premio di congedo per i legionari, né di trionfo per i comandanti.

Nel 104 il Senato autorizzò quindi Gaio Mario a reclutare truppe ausiliare presso gli stati alleati, ma alcuni di questi risposero che non era possibile fornire alcun contingente, siccome i razziatori di schiavi, sempre molto attivi, avevano del tutto spopolato intere province dei loro territori, rapendo uomini liberi per venderli come schiavi, il che era prassi comune per lo schiavismo antico. Il Senato, contrariato da questi rapporti, decretò di fare un’inchiesta per accertare se e quanti cittadini liberi di stati alleati fossero stati razziati con la forza e venduti come schiavi, affinché fosse loro restituita la libertà. Il Pretore Licinio Nerva che governava la Sicilia, accettò di jus dicere (decidere), com’era tra i suoi poteri, in questi processi, dando udienza a tutti quelli che, dichiarandosi ingiustamente detenuti come schiavi, rivendicassero lo stato libero. In pochi giorni centinaia di schiavi furono liberati. Gli altri, esclusi dai provvedimenti di “manomissione”, si ribellarono, sperando in un provvedimento di clemenza generale.

Perciò, accade che numerosi tra i più facoltosi latifondisti siciliani, proprietari d’intere folle di schiavi, protestarono presso il governatore provinciale per la sedizione che i suoi provvedimenti aveva seminato tra gli schiavi, e riuscendo in un modo o nell’altro ad ottenere la cessazione di questi processi sullo stato degli schiavi che rivendicavano la libertà. A questo punto gli schiavi insorsero in massa e iniziarono a compiere scorrerie e saccheggi, fortificandosi in un luogo ben munito. Licinio Nerva, dopo un primo tentativo d’assalto fallito, riuscì con uno stratagemma a espugnare la piazzaforte degli schiavi. Egli, infatti, indusse un certo Gaio Titinio, soprannominato Gadeo, ex condannato a morte, fuggitivo e dedito al brigantaggio, ad accattivarsi la simpatia degli insorti e poi ad aprire le porte della rocca ai romani. Parte degli schiavi fu trucidata, parte preferì gettarsi in un dirupo per non sopportare gli atroci supplizi che avrebbero dovuto subire quale ovvia punizione per la loro ribellione a Roma.

La gran parte degli schiavi era invece costituita da pastori che vagavano senza controllo e considerati, dai Romani ed anche dai loro proprietari, selvaggi oltre che delinquenti. Ma altrettanti schiavi provenivano da altri stati sociali, ed erano utilizzati anche nell’artigianato e nelle mansioni domestiche.

Inizialmente in diecimila si riunirono sotto l’Etna e proclamarono Re uno di loro, Euno. Altri cinque mila ribelli arrivarono da Agrigento e occuparono Morgantina e Taormina. Molti schiavi provenivano dall’Asia Minore e si organizzarono con Euno esattamente come uno stato seleucide. Gli schiavi arrivarono a coniare moneta con un fronte una testa di donna e sul retro la spiga simbolo siciliano.

Il re della seconda guerra era stato nominato Salvio, che aveva in mente la creazione di un Regno di Sicilia, e che capeggiava circa quaranta mila ribelli. Gli schiavi organizzati non conquistarono importanti città, ma solo vaste fette di territorio siciliano, e Manlio Aquilio riuscì a soffocare la rivolta solo nel 101, come abbiamo detto, sconfiggendo a duello Atenione, succeduto a Trifone e sgominando in battaglia l’esercito ribelle che venne poi decimato, avendo ucciso la metà degli insorti.

Verso la fine del secondo secolo avanti Cristo nella provincia di Sicilia, quindi dopo circa un secolo di dominazione romana, il numero degli schiavi era molto aumentato soprattutto a causa del costante rifornimento di prigionieri delle guerra nel Mediterraneo. Gli schiavi avevano reso possibile coltivare grandi estensioni di terreno, quei latifondi i cui proprietari erano romani, italici, o anche ricchi proprietari locali, siciliani quelli, per intenderci, che avevano costruito la Villa del Casale a Piazza Armerina, o la Villa del Tellaro vicino l’attuale Noto ed anche la villa dei mosaici a pochi passi dalla nostra attuale Giarratana.

Saro Distefano

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