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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

31/03/2011 17:38

 

 

L'anima della Trinacria, di Gianni Scala

Pubblichiamo la prefazione di Lucia Trombadore

L'anima della Trinacria, di Gianni Scala
 

Pozzallo - Per un siciliano parlare della sua terra, della sua isola così vicina al continente eppure così lontana, è cosa assai facile e difficile al tempo stesso. Perché equivale a parlare di due donne in una: la prima di cui lui è in grado di elencare pregi e difetti, bellezze ed anomalie, pensieri e desideri, sogni e paure, la seconda ignota ed enigmatica, della quale potrà conoscere soltanto l’immensità  irrisolvibile del mistero.

La donna-isola, infatti, diversamente dalla donna-continente, irretisce l’amante, lo illude con la sua falsa definitezza e compiutezza, con la sua apparente circoscrivibilità, sussurrandogli all’orecchio di essere sua, di appartenergli, in realtà mantenendosi pronta a mutare aspetto all’approssimarsi di ogni nuovo conquistatore.

L’Isola attira respingendo, seduce tradendo, accoglie esiliando.

Novella Circe o Calipso, essa richiama l’Ulisse di turno con la malia delle sue irrifiutabili delizie che consumano fino al midollo chiunque le gusti prima di averle depredate e consumate a sua volta, sempre e comunque dentro un rinnovato incantesimo. C’è da chiedersi allora: < Siciliani si nasce o si diventa?>. “Siciliani ci si scopre” _ sembra suggerire l’autore Gianni Scala _ e il più delle volte per una combinazione fatale, per un’alchimia creata da non si sa chi o che cosa in un momento imprecisato, un’alchimia di luce e di ombra simile a quella posseduta dalle tele del Caravaggio: forme plastiche e vibranti,  volumi debordanti in primo piano per dimensioni reali e metaforiche, corpi perennemente in conflitto, perennemente tragici e urlanti proprio quando il silenzio si accampa profondo e tutto resta istantaneamente sospeso.

Un intreccio indistricabile di ombra e di luce da cui sceglie di muovere anche l’autore di questo romanzo eleggendo la ‘Natività con i santi Francesco e Lorenzo’ ad oggetto diegetico principale ed al tempo stesso a co-texture della trama più generale della sua opera narrativa.  Così il ricorso ai piani spaziali e temporali che vanno da un passato mitico ed idealizzato ad un presente crudo e bruciante, le figure-ombra afferenti a lontane reminiscenze insieme ad altre gravide e pressanti a livello principale della storia, annodano significati apparentemente espliciti ad altri interamente da esplicitare nel corso della diegesi mediante un parallelismo fra la vicenda gloriosa della venuta al mondo di Cristo grazie a Maria, una creatura umana, e quella drammatica del ricongiungimento-rinascita di una madre (Donna Benedetta Felicia Provenza, un tempo vedova Maggio) alla figlia (Nora Maggio), entrambe intrappolate all’interno della grande matassa mafiosa che le ha separate forzatamente per lunghissimi anni.

La storia del restauro della Natività del Caravaggio esule in Sicilia, braccato anch’egli come loro due dai suoi persecutori, diventa quindi lo spunto per ritessere, riannodare storie private e pubbliche dentro una Sicilia ferita e malconcia, dimenticata e maltrattata, anch’essa tela da restaurare.

Uno sfondo individuale e collettivo che assurge con potenza a primo piano reale e propulsivo per tutte le figure storiche e metastoriche che riacquistano i loro tratti originali, la loro bellezza primigenia liberandosi della deformità deturpante del male. Uomini e donne di Sicilia che possono recuperare le loro antiche fattezze e lo spirito di uomini liberi, al di là dei compromessi e del fatalismo attraverso il restauro e la riappropriazione della tela per lunghi anni adoperata come stella cometa dei Magi del Male ed immagine sacra davanti alla quale siglare le maggiori nefandezze durante i summit rituali.

Rinascita collettiva che sostanziata dalla luce emanata dai soggetti del capolavoro del grande maestro si traduce in recupero della fede perduta, della certezza incrollabile che terra e uomini possano nuovamente essere conciliati gloriosamente.

Francesca Amata Milicia (nome originario di Donna Benedetta Felicia Provenza), Nora Maggio, Maricuccia Bontale,  Pietro Limia e tutti gli altri personaggi che nome non hanno, diventano i personaggi di una nuova natività, quella dell’Isola rovente, i cui frutti zuccherini stordiscono con la loro insostenibile dolcezza.  

Lucia Trombadore

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