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Caturro, Cuturro, Cuturru. Tre nomi per indicare un piatto

Etimo latina?

Caturro, Cuturro, Cuturru. Tre nomi per indicare un piatto

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Madrid -  "Caturro" da sempre è stata per me una parola misteriosa ma anche l'ho associata al rimorso di un autentico peccato.

Il Pasqualino nel suo celeberrimo "Dizionario Siciliano" ignora in pratica questa voce.

Bartolo Cataudella nel suo prezioso testo "Scicli" ci spiega che "si tratta di grano macinato in casa, tra due pietre laviche, e cotto come la polenta". Lo studioso s'interroga sull'etimo e lo fa risalire con molta diffidenza all'arabo.



Il dizionario della Real Academia Española, invece, fornisce una spiegazione che mi pare molto corretta e plausibile. Con molta probabilità "caturru" o "cuturru" viene da "Cutir", verbo transitivo caduto in disuso, che a sua volta deriva da un ipotetico verbo latino "Cuttĕre": golpear algo con otra cosa (colpire un materiale con qualcosa). E' in pratica quello che avviene per ottenere il "caturru" come magistralmente ci informa il Cataudella. 

La "pietra del caturru" era una volta il mulino dei poveri. L'uso di questo utensile, di forma trapezoidale, fu, infatti, una pratica molto diffusa alla fine dell'Ottocento tra il popolo per evadere la famigerata "tassa sul macinato", introdotta dal nuovo Regno d'Italia.

Ricordo che nella soffitta di una nostra vecchia casa di campagna, durante uno sgombero, tanti anni fa trovai questa pietra. Mia madre me la additò e mi spiegò il suo utilizzo. Ma io, a quell'epoca, giovanissimo, ignorante e superficiale, la buttai tra i materiali di risulta senza degnarla della minima attenzione. Un autentico delitto. 

Un Uomo Libero

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