Tutte le discussioni con tag 'IngegniCulturaModica' - IngegniCulturaModica2024-03-28T16:24:41Zhttp://ingegniculturamodica.ning.com/group/saporidellamemoriapercorsidelgusto/forum/topic/listForTag?groupUrl=saporidellamemoriapercorsidelgusto&tag=IngegniCulturaModica&feed=yes&xn_auth=noSulle tracce della Modica antica. "I regali antichi della natura"terzo appuntamentotag:ingegniculturamodica.ning.com,2013-06-02:3900264:Topic:564052013-06-02T21:20:13.716Zmario giovanni incatasciatohttp://ingegniculturamodica.ning.com/profile/mariogiovanniincatasciato
<p>Nell'ambito della rassegna "Sulle tracce della Modica antica. Uomini, storie, segni e parole", sabato 8 giugno alle ore 18,00 presso "Gli Aromi" di Russino, strada provinciale Sampieri Scicli, si terrà il terzo appuntamento della rassegna culturale di IngegniCulturaModica.<br></br> Tema della serata percorso olfattivo su” Gli aromi ,regali antichi della natura negli Iblei”.<br></br> Il percorso olfattivo è curato da Enrico Russino, seguirà l'aperitivo al tramonto. <br></br> Costo 18 euro a persona,…</p>
<p>Nell'ambito della rassegna "Sulle tracce della Modica antica. Uomini, storie, segni e parole", sabato 8 giugno alle ore 18,00 presso "Gli Aromi" di Russino, strada provinciale Sampieri Scicli, si terrà il terzo appuntamento della rassegna culturale di IngegniCulturaModica.<br/> Tema della serata percorso olfattivo su” Gli aromi ,regali antichi della natura negli Iblei”.<br/> Il percorso olfattivo è curato da Enrico Russino, seguirà l'aperitivo al tramonto. <br/> Costo 18 euro a persona, durata 180 minuti (18-21).<br/> Prenotazione obbligatoria entro il 5 giugno, ai seguenti contatti:cultura@ingegnicultura.it, tel./fax 0932 763990, 338 4873360, 333 3301656.<br/> Una volta i contadini iblei che lavoravano nella valle del fiume Irminio, partivano di casa all’alba e ne tornavano al tramonto. Sulla strada del ritorno, risalendo le cave, raccoglievano lungo il percorso tutte quelle piante “utili”, latu sensu. Quindi piante officinali e medicinali e soprattutto piante commestibili, quelle che i botanici chiamano “fitoalimurgiche” .<br/> Oggi nessuno al tramonto risale le trazzere, ma nei ragusani di oggi si è tramandato il piacere di raccogliere erbe spontanee o visitare luoghi ove è praticato questo tipo di coltivazione.<br/> Una delle aziende che si è dedicata al recupero di questa antica tradizione è quella della famiglia Russino in contrada Santa Rosolia provinciale Sampieri Scicli . <br/> Da oltre 10 anni si occupa della produzione e commercializzazione di erbe officinali e aromatiche, puntando sulle specie endemiche delle coste siciliane e in particolare della fascia iblea.<br/> L’azienda, a conduzione familiare, produce più di 150 diverse varietà utilizzando metodi tradizionali; la lavorazione delle piante avviene ancora manualmente a favore della qualità dei prodotti, il tutto in un contesto unico, fatto di profumi inebrianti e panorami superbi.<br/> La pianta di cappero, fra tutte, è il punto di forza dell’azienda: viene utilizzata sia come pianta ornamentale da incastonare, per esempio, nelle mura di antichi casali, sia in vaso, sia per la produzione in pieno campo.<br/> <a target="_self" href="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061614883?profile=original"><img class="align-full" src="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061614883?profile=original" width="498"/></a></p> "I regali antichi della natura negli Iblei". Appuntamento di IngegniCulturatag:ingegniculturamodica.ning.com,2013-05-29:3900264:Topic:559762013-05-29T14:04:26.351Zmario giovanni incatasciatohttp://ingegniculturamodica.ning.com/profile/mariogiovanniincatasciato
<p>Nell'ambito della rassegna "Sulle tracce della Modica antica. Uomini, storie, segni e parole", sabato 8 giugno alle ore 18,00 presso "Gli Aromi" di Russino, strada provinciale Sampieri Scicli, si terrà il terzo appuntamento della rassegna culturale di IngegniCulturaModica.</p>
<p>Tema della serata percorso olfattivo su gli aromi ,regali antichi della natura negli Iblei.…</p>
<p><a href="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061610823?profile=original" target="_self"><img class="align-full" src="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061610823?profile=original" width="288"></img></a></p>
<p>Nell'ambito della rassegna "Sulle tracce della Modica antica. Uomini, storie, segni e parole", sabato 8 giugno alle ore 18,00 presso "Gli Aromi" di Russino, strada provinciale Sampieri Scicli, si terrà il terzo appuntamento della rassegna culturale di IngegniCulturaModica.</p>
<p>Tema della serata percorso olfattivo su gli aromi ,regali antichi della natura negli Iblei.</p>
<p><a target="_self" href="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061610823?profile=original"><img class="align-full" src="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061610823?profile=original" width="288"/></a></p> Con IngegniCultura a Cantine apertetag:ingegniculturamodica.ning.com,2013-05-19:3900264:Topic:558632013-05-19T21:04:47.467Zmario giovanni incatasciatohttp://ingegniculturamodica.ning.com/profile/mariogiovanniincatasciato
<p><span class="fbPhotosPhotoCaption" id="fbPhotoSnowliftCaption"><span class="hasCaption">Anche quest'anno si rinnova l'appuntamento con Cantine Aperte, l’evento enoturistico più importante in Italia che permette a tutti i "wine lovers" di vivere in prima persona il turismo del vino, visitando i luoghi di produzione e incontrando i produttori vitivinicoli. L'Associazione IngegniCultura, nell'ambito della rassegna "Sulle tracce della Modica antica" e forte della grande partecipazione dello…</span></span></p>
<p><span class="fbPhotosPhotoCaption" id="fbPhotoSnowliftCaption"><span class="hasCaption">Anche quest'anno si rinnova l'appuntamento con Cantine Aperte, l’evento enoturistico più importante in Italia che permette a tutti i "wine lovers" di vivere in prima persona il turismo del vino, visitando i luoghi di produzione e incontrando i produttori vitivinicoli. L'Associazione IngegniCultura, nell'ambito della rassegna "Sulle tracce della Modica antica" e forte della grande partecipazione dello scorso anno, sta organizzando per il 26 maggio la II edizione dell'evento "Una domenica in cantina". Se siete degli enoappassionati e volete trascorrere una domenica insieme a noi, all'insegna della convivialità, contattateci al più presto mandando una e-mail all'indirizzo info@ingegnicultura.it o chiamando ai nostri recapiti telefonici. Vi daremo tutti i dettagli!</span></span> <span class="fbPhotoTagList" id="fbPhotoSnowliftTagList"></span></p>
<p><span class="fbPhotosPhotoCaption"><span class="hasCaption"><a target="_self" href="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061610893?profile=original"><img class="align-full" src="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061610893?profile=original" width="250"/></a></span></span></p> Una domenica al Mulino....sulle tracce della civiltà contadina nell'altopiano ibleotag:ingegniculturamodica.ning.com,2012-05-28:3900264:Topic:465802012-05-28T14:18:19.065Zmario giovanni incatasciatohttp://ingegniculturamodica.ning.com/profile/mariogiovanniincatasciato
<p>IngegniCulturaModica nell'ambito del progetto "Sapori della memoria, percorsi del gusto", domenica 20 maggio 2012 presso il Mulino ad acqua di Cava d’Ispica ha organizzato dei laboratori del gusto su prodotti tipici della terra iblea: la farina, il pane, le erbe aromatiche.</p>
<p>Ha presentato il progetto l’ing. Simona Incatasciato, responsabile di IngegniCulturaModica, coadiuvata dal dott. Giuseppe Mazzarella, scrittore e docente di Marketing e Turismo e dalla dott.ssa Beatrice…</p>
<p>IngegniCulturaModica nell'ambito del progetto "Sapori della memoria, percorsi del gusto", domenica 20 maggio 2012 presso il Mulino ad acqua di Cava d’Ispica ha organizzato dei laboratori del gusto su prodotti tipici della terra iblea: la farina, il pane, le erbe aromatiche.</p>
<p>Ha presentato il progetto l’ing. Simona Incatasciato, responsabile di IngegniCulturaModica, coadiuvata dal dott. Giuseppe Mazzarella, scrittore e docente di Marketing e Turismo e dalla dott.ssa Beatrice Belfiore .Questi ultimi , quali autori, hanno presentato ai partecipanti le opere delle quali sono autori "Dal chicco al pane, una magia che saziava" e “Le piante iblee tra cibo e medicina”.<br/> E’ seguita una visita guidata al mulino per assistere alla macinazione del grano con la realizzazione della semola. Il mulino riportato all'antico splendore della prima metà del XVIII secolo dall'appassionato lavoro della famiglia Cerruto, è tornato a far vivere antichi ricordi. <br/> Le pale, spinte dall'armonioso gioco dall'acqua del Busaidone, hanno rimesso in moto l'antico mozzo e, come una volta, il grano diventa farina sotto l'incedere instancabile delle macine in pietra.<br/> Le grotte, scavate nella roccia, mostrano ancora i segni della vita del passato: la casa del mugnaio ricavata nella roccia, i suoi attrezzi collezionati con passione, la stalla ed il fienile conservano intatti sapori, profumi e tradizioni locali. Ma è soprattutto negli utensili e negli antichi, poveri arredi, che si manifestano l'ingegno e la dedizione al lavoro del popolo Modicano.</p>
<p>L’ambientazione dell’antico mulino è stata cornice ideale per la realizzazione a cura di IngegniCultura di un laboratorio didattico sulla panificazione . La prof.ssa Maria Mazzarella, docente di cucina, ha intrattenuto i convenuti su l’impasto e la foggiatura del pane con la connessa ritualità che ha coinvolto tutti, piccoli e grandi in egual misura.</p>
<h5><span style="color: #000000;"><strong>Dalla preparazione del lievito madre (cruscenti), un composto a base di farina, acqua e zuccheri si è passati all’impasto nella “maidda” della farina, setacciata rigorosamente con il“crivu”con l’aggiunta dell’acqua calda .quindi all’amalgama sulla “briula”, una tavola piana, poggiant</strong>e su due panchetti e dotata di una stanga, “u briuni”, ben levigata che presenta ad una delle sue estremità un foro per connettersi alle due alette, “palummedde”, sporgenti dallo stesso piano di lavoro, nel punto in cui esso si restringe.</span><br/> <span style="color: #000000;">Si è proceduto, quindi, ad un’antica e familiare gestualità che prevede in genere l’impegno dell’uomo a muovere dall’alto verso il basso la stanga,che, facendo leva su un perno ligneo, “u cavigghiuni”, pressa l’impasto, mentre la donna, seduta a cavallo sulla parte più stretta della gramola , imprime alla massa bianca un moto rotatorio, assecondando con perizia e precisione il cadenzato tamburellare del briuni.</span><br/> <span style="color: #000000;">La ritmata movenza del lavoro (scaniatura) sembra scandire i passi e le pause di una simbolica danza.</span><br/> <span style="color: #000000;">Ultimata tale operazione la corposa e informe massa viene contrassegnata con una croce e quindi tagliata a pezzi singoli del peso di circa un chilogrammo.</span><br/> <span style="color: #000000;">Ciascun pezzo viene modellato, con delicata fattura, e quindi sistemato sopra un letto e lasciato a riposare per un po’ sotto calde coperte (a misa ro pani o liettu).</span></h5>
<h5><span style="color: #000000;">Durante tale pausa viene preparato il fuoco nel forno rigorosamente a legna.</span><br/> <span style="color: #000000;">Conclusa questa fase , anch’essa laboriosa, si procede ad infornare il pane e quindi a cuocerlo realizzando calde e profumate “cudduredde”.</span><br/> <span style="color: #000000;">Il pane nella nostra tradizione oltre ad essere buono da mangiare svolge anche una funzione simbolica. Ci si riferisce, ad esempio, al pane natalizio denominato “cannizzu” che confezionato alla vigilia di Natale veniva consumato per il Capodanno quando il capofamiglia lo affettava e lo distribuiva a tutti i componenti il nucleo familiare.</span><br/> <span style="color: #000000;">Esso aveva una valenza rituale e propiziatoria come si desume dalla simbologia raffigurata- u “cannizzu”, contenitore di frumento- e dalla convivialità del consumo.</span><br/> <span style="color: #000000;">Il pane poi nelle dimensioni miniaturizzate, “cudduredde”, assolveva il ruolo di pane-giocattolo, mentre “ a cruna ro Signori” realizzata durante le festività pasquali, appesa al bavaglino dei bambini, richiamava la sofferenza della dentizione.</span><br/> <span style="color: #000000;">La prof.ssa Mazzarella non ha tralasciato di ricordare i pani speciali quali “cucciddati”, “vastuna”, “iadduzzi” e “palummedde” che sintetizzano in maniera esemplare il legame dell’arte panificatoria con la figurazione dei simboli delle grandi feste, rivelandone la sacralità.</span></h5>
<p> L’epilogo ha previsto una degustazione a tema di prodotti tipici della cucina <br/> contadina: pani cunzato, formaggio, focacce, farro etc.</p>
<p>Il progetto di IngegniCulturaModica "Sapori della memoria,percorsi del gusto" , articolato in eventi, vede il coinvolgimento di giovani, studenti, docenti, famiglie, consumatori per una maggiore consapevolezza su stili di vita migliori.</p>
<p>L’Ente associativo (IngegniCultura) ,gestore del Museo “ T. Campailla” , nell’organizzare l’iniziativa culturale all’interno del “Museo in grotte” di Cava d’Ispica ha voluto rinforzare per Modica la necessità che la vera promozione del territorio non può prescindere dall’esigenza di fare “sistema” superando gli sterili ed inutili protagonismi e personalismi che spesso rallentano e snaturano ogni progetto.</p>
<p><a target="_self" href="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061609990?profile=original"><img class="align-full" src="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061609990?profile=original" width="737"/></a></p>
<p> </p> Percorsi del gusto.Domenica 20 maggio al Mulino di Cava d'Ispica con IngegniCultura.tag:ingegniculturamodica.ning.com,2012-05-19:3900264:Topic:464412012-05-19T13:57:19.458Zmario giovanni incatasciatohttp://ingegniculturamodica.ning.com/profile/mariogiovanniincatasciato
<p>“<b>Una domenica al Mulino…sulle tracce della civiltà contadina nell’altopiano ibleo</b> “.</p>
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<p>IngegniCulturaModica nell'ambito del progetto "<b>Sapori della memoria, percorsi del gusto</b>", domenica 20 maggio 2012, alle ore 10,30 presso il Mulino ad acqua di Cava d’Ispica organizza dei laboratori del gusto su prodotti tipici della terra iblea: la farina, il pane, le erbe aromatiche.</p>
<p> Presenterà il progetto l’ing. Simona Incatasciato, responsabile di…</p>
<p>“<b>Una domenica al Mulino…sulle tracce della civiltà contadina nell’altopiano ibleo</b> “.</p>
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<p>IngegniCulturaModica nell'ambito del progetto "<b>Sapori della memoria, percorsi del gusto</b>", domenica 20 maggio 2012, alle ore 10,30 presso il Mulino ad acqua di Cava d’Ispica organizza dei laboratori del gusto su prodotti tipici della terra iblea: la farina, il pane, le erbe aromatiche.</p>
<p> Presenterà il progetto l’ing. Simona Incatasciato, responsabile di IngegniCulturaModica, coadiuvata dal dott. Giuseppe Mazzarella, scrittore e docente di Marketing e Turismo e dalla dott.ssa Beatrice Belfiore .Questi ultimi , quali autori, presenteranno ai partecipanti , i libri <b>"Dal chicco al pane, una magia che saziava" e</b> <b>“Le piante iblee tra cibo e medicina”.</b><br/> Seguiranno una visita guidata al mulino per assistere alla macinazione del grano con la realizzazione della semola, un laboratorio didattico sulla panificazione “<b><i>L’impasto e la foggiatura</i>”</b> e una passeggiata per i campi alla scoperta delle piante aromatiche tipiche del <br/> territorio ibleo.</p>
<p>L’epilogo prevede una degustazione a tema di prodotti tipici della cucina <br/> contadina: <i>pani cunzato, formaggio, focacce, farro etc.</i></p>
<p>Il progetto di IngegniCulturaModica "<b>Sapori della memoria,percorsi del gusto</b>" , articolato in eventi, vede il coinvolgimento di giovani, studenti, docenti, famiglie, consumatori per una maggiore consapevolezza su stili di vita migliori.</p>
<p> <a target="_self" href="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061610123?profile=original"><img class="align-full" src="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061610123?profile=original" width="737"/></a></p> L’arte casearia e i formaggi tipici ibleitag:ingegniculturamodica.ning.com,2012-05-01:3900264:Topic:465102012-05-01T21:08:05.422Zmario giovanni incatasciatohttp://ingegniculturamodica.ning.com/profile/mariogiovanniincatasciato
<h4><big><span style="font-family: Courier New;">Il settore agroalimentare siciliano può diventare ,nei prossimi anni, un elemento trainante per l’economia dell’Isola puntando sulle produzioni esclusive e sulla loro autenticità.</span></big></h4>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">L’agrumicultura ha rappresentato e rappresenta un forte veicolo di promozione della Sicilia ma indirettamente può costituire, attraverso le arance rosse, un’ulteriore occasione per…</span></p>
<h4><big><span style="font-family: Courier New;">Il settore agroalimentare siciliano può diventare ,nei prossimi anni, un elemento trainante per l’economia dell’Isola puntando sulle produzioni esclusive e sulla loro autenticità.</span></big></h4>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">L’agrumicultura ha rappresentato e rappresenta un forte veicolo di promozione della Sicilia ma indirettamente può costituire, attraverso le arance rosse, un’ulteriore occasione per altre produzioni di eccellenza.<span style="font-family: Arial;"><br/></span></span> <span style="font-family: Arial;">Pensiamo ai <span style="font-weight: bold;">formaggi</span> prodotti dalle nostre aziende che hanno salvato la grande tradizione dei vecchi caseari e continuano a realizzare prodotti di una bontà straordinaria, genuini ed affidabili dal punto di vista della qualità. <br/> <img src="http://www.ingegnicultura.it/public/immagini/ragusano.jpg" alt="" align="left" width="300" height="230"/>L’<span style="font-weight: bold;">arte casearia</span> si fa risalire al 700-800 a.C. quando Sumeri e Mesopotami, nel bacino del Tigri allevavano gli animali e li utilizzavano per la produzione del latte. Al tempo dei Greci e dei Romani l’arte casearia si è notevolmente evoluta.<br/> In Italia uno dei più antichi reperti caseari si fa risalire ad oltre 3500 anni fa ed è stato ritrovato a Piadena nella Pianura Padana. Trattasi di un colino in terracotta utilizzato per lo sgrondo della cagliata.</span></p>
<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">In Sicilia già Omero nell’Odissea fa riferimento al <span style="font-weight: bold;">Pecorino</span>. Durante il passaggio nella terra dei Ciclopi, Ulisse e i suoi compagni di viaggio mangiano formaggio di pecora. E questo, ancora oggi è uno dei formaggi più conosciuti ed apprezzati.<br/></span></div>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">Altro formaggio molto appetibile è il <span style="font-weight: bold;">Ragusano Dop</span> , apprezzato nel mercato nazionale ed in quello statunitense in particolare. Il Ragusano si trova nei 200 punti vendita della catena “Shop Rite”, sulla East Coast, venduto al pubblico anche 40 dollari al chilo, e nei negozi d’alta gastronomia “Dean & Deluca”. Anche buyers scozzesi, ultimamente, hanno avviato contatti con aziende locali per esportare quantitativi di Ragusano, intero e grattugiato, nel loro territorio.<br/> La storia conosciuta di questo formaggio, che potrebbe essere un derivato delle bevande acide Komos e Kumis provenienti dall’Oriente, parte dal XIV secolo, quando il fiorente commercio che interessò la parte più a Sud dell’Isola, incluse le forme a parallelepipedo del cacio asciugato a cavallo di una asse “<span style="font-weight: bold;">cosacavaddu</span>” appunto.<br/> In epoca successiva a seguito dell’editto del re Ferdinando I e della regina Isabella, nell’agosto 1492 gli ebrei confessi dovettero abbandonare i territori del Regno di Spagna, oppure ricevere il battesimo pena la vita. Ed è proprio in quel periodo che famiglie giudaiche provenienti da molti centri della Contea di Modica s’imbarcarono su alcune navi davanti al caricatore di Pozzallo, la Torre Cabrera.<br/> Questi profughi, si dice portassero poche masserizie ed il cibo sufficiente per sostentarsi durante le settimane di navigazione sul Mediterraneo.<br/> Il loro menù era costituito da pane, limoni, conserva e caciocavallo. <span style="font-weight: bold;">Formaggio</span> quest’ultimo <span style="font-weight: bold;">di latte </span></span> vaccino prodotto nella zona Sud orientale dell’Isola utilizzato quale merce di scambio nei porti e, grazie alla sua naturale predisposizione alla stagionatura quindi al consumo inoltrato, a fare parte della dieta dei naviganti. Ma è soltanto nel 1995 che a questo prodotto va il riconoscimento ufficiale con la <span style="font-weight: bold;">Denominazione di origina protetta</span>.</p>
<p style="text-align: justify;">La <span style="font-weight: bold;">Dop</span>, denominazione di origine protetta, valida solamente per i prodotti agroalimentari nasce nel <span style="font-weight: bold;">1992</span> grazie al Regolamento CEE 2081/92 della Comunità Europea. Questo Regolamento offre garanzie, ai diversi livelli, del processo produttivo- origine, provenienza delle materie prime, localizzazione e tradizione del processo produttivo- e garantisce più di ogni altra norma il consumatore. La preparazione e la stagionatura di questo formaggio avviene in un’atmosfera che richiama altri tempi, tra strumenti in legno dai nomi particolari e con un rituale fatto di gesti, abitudini e grande esperienza. Il <span style="font-weight: bold;">latte</span>, quello dell’altipiano ibleo, appena munto viene portato nel locale dove avviene la caseificazione. Il liquido inizialmente filtrato con un setaccio viene versato in un grande contenitore di legno ( <span style="font-weight: bold;">a tina</span>) e ad esso va aggiunto il <span style="font-weight: bold;">caglio</span>, d’agnello o di capretto, preparato dallo stesso casaro con un mestello in legno “<span style="font-weight: bold;">u pisaquagghiu</span>”. Dopo circa un’ora il latte coagula sotto l’azione del caglio e determina alla superficie <span style="font-weight: bold;">la cagliata</span>. A questo punto il casaro con la” <span style="font-weight: bold;">ruotula</span>” ( un’asta in legno che termina a forma di disco) agita questo strato gelatinoso (la cagliata) fino a romperla e a ridurla in granuli piccolissimi.Al tutto, con un mestolo in rame “ <span style="font-weight: bold;">Iaruozzu</span>”, viene aggiunta acqua a ottanta gradi per una prima cottura. A questo punto la cagliata viene depositata dentro le “<span style="font-weight: bold;">vascedde</span>”, canestri di vimini, da cui viene fatto uscire il <span style="font-weight: bold;">siero liquido</span> dal quale con l’aggiunta del <span style="font-weight: bold;">10% di latte</span>,con apposita lavorazione,si ricava la <span style="font-weight: bold;">ricotta</span>. Successivamente la cagliata viene sottoposta ad una seconda cottura, sempre a ottanta gradi, della durata di un paio d’ore, per essere di nuovo inserita nelle vascedde per completare il filtraggio del siero. Qui viene lasciata riposare per venti ore per far maturare il giusto grado di acidità e di sapore. Successivamente arriva il momento in cui la parte densa, <span style="font-weight: bold;">tuma</span>, viene tagliata a fette e posta nello <span style="font-weight: bold;">staccio</span>, recipiente in legno o in rame, e su essa va versata acqua calda che serve a far filare la pasta, grazie alla “<span style="font-weight: bold;">manuvedda</span>”, arnese di legno a forma di pala. E’ qui che il casaro mette in moto le sue mani, saldando l’estremità della pasta e facendo in modo di eliminare dalla sua superficie le eventuali bolle d’aria o smagliature che possono essersi create. Ancora calda la forma di formaggio viene posta nella “<span style="font-weight: bold;">mastredda</span>”, contenitore di legno per la formatura dei formaggi, dove riposerà un giorno ed una notte interi, asciugandosi ed assumendo la tipica forma a parallelepipedo. Il peso in genere è compreso fra i 12 ed i 16 chili, raddoppiato rispetto alle lavorazioni di un tempo. Le forme vengono immerse poi su piccole vasche d’acqua e di sale per la prima salatura.Restano in questo stato di salamoia da due a otto giorni, in funzione del loro peso, e infine vengono portati alla stagionatura in locali spesso ricavati in grotte naturali. Nei centri di stagionatura avviene la seconda salatura per la durata di trenta giorni circa. Quando si ritiene che il formaggio sia arrivato al momento giusto della maturazione lo si appende a coppia con “<span style="font-weight: bold;">liame</span>” a cavallo di travi di legno. Qui viene lasciato maturare per un periodo che va da quattro mesi ad un anno. Il sapore è delicato nelle forme giovani, molto intenso in quelle invecchiate. Particolarmente pregiata è la produzione tradizionale con <span style="font-weight: bold;">latte di mucca modicana</span>, razza locale, fatta pascolare allo stato brado nei pascoli dell’altopiano ibleo. Questo mio contributo sull’arte casearia negli Iblei assume un particolare significato in quanto legato a ricordi e sensazioni scolpiti, in maniera indelebile, nel cuore e nella mente. Erano gli anni cinquanta del 1900 quando a Modica nacquero i primi caseifici della provincia di Ragusa, il<span style="font-weight: bold;">" Madonna delle Grazie</span>" e dopo il "<span style="font-weight: bold;">Sant’Antonio"</span>, entrambi fondati con il concorso di <span style="font-weight: bold;">Emanuele Incatasciato</span>, mio padre, pioniere dell’arte casearia negli iblei e uno degli artefici della valorizzazione di quel caciocavallo che poi è stato denominato nel tempo Ragusano A quella epoca la richiesta di questo tipo di formaggio non era notevole in quanto la gente era orientata a tipologie molto più dolci e di facile digeribilità. Quindi nel nostro caseificio si producevano prevalentemente <span style="font-weight: bold;">provolette</span>, <span style="font-weight: bold;">caciottine</span>, <span style="font-weight: bold;">cagliata</span>, <span style="font-weight: bold;">burro</span> , <span style="font-weight: bold;">mozzarella</span>, <span style="font-weight: bold;">ricotta</span> prodotti molto richieste ed apprezzati non solo a livello regionale ma anche nel resto d’Italia e soprattutto all’estero. Oggi il disciplinare per la realizzazione del Ragusano prevede una percentuale di sale non superiore al 6% e per il semistagionato si ferma al massimo al 4%. A produrre questo tipo di formaggio oggi sono una trentina di aziende, la maggiore delle quali- la <span style="font-weight: bold;">Ragusa latte</span>- caseifica da sola il 60%. Il <span style="font-weight: bold;">Co.R.Fi. La.C</span>, <span style="font-weight: bold;">Consorzio Ricerca Filiera Lattiera Casearia</span> a carattere regionale con sede a <span style="font-weight: bold;">Ragusa</span>, svolge dagli anni novanta studi sulle produzioni lattiero casearie tradizionali siciliane, seguendo un approccio di filiera. L’obiettivo finale è quello di elevare le produzioni casearie storiche, ottenute con processi tradizionali, a delle vere opere d’arte da annoverare tra i beni culturali italiani. Il Corfilac studia le specificità territoriali che caratterizzano i formaggi storici siciliani e tra questi il formaggio Ragusano e il Pecorino siciliano. Ultimamente il Consorzio Corfilac è impegnato in due progetti a livello internazionale: uno nelle aree rurali del <span style="font-weight: bold;">Benin</span>, l’altro in <span style="font-weight: bold;">Algeria</span>. Entrambi sono modelli di studio prevalentemente di tipo socio-culturale e tecnico-scientifico. Il Consorzio ultimamente è impegnato anche alla realizzazione della prima <span style="font-weight: bold;">Cacioteca regionale</span> in Italia. Trattasi di una struttura in cui verranno ricreati gli ambienti storici di stagionatura dei principali formaggi tradizionali siciliani e non solo. Prosegue attivamente anche l’attività sperimentale del “<span style="font-weight: bold;">Progetto scuola</span>”, rivolta agli Istituti scolastici con due attività ludico didattiche “<span style="font-weight: bold;">Casaro per un giorno</span>” e i “<span style="font-weight: bold;">Laboratori del gusto</span>”. La prima attività permette agli studenti di scoprire tutte le fasi di lavorazione del latte, mentre i laboratori del gusto nient’altro sono che dei percorsi di degustazione didattica in abbinamento al gioco. Con questa tecnica, i giovani studenti imparano a diventare veri e propri assaggiatori di formaggi.</p>
<p><span style="font-weight: bold;">Servizio curato da <span style="font-weight: bold;">Ingegnicultura</span>, laboratorio di progettazione e servizi per l’ingegneria e i beni culturali di <span style="font-weight: bold;">Modica</span>.</span></p>
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<div style="text-align: justify;">Sito web: <a href="http://www.ingegnicultura.it/">www.ingegnicultura.it</a></div>
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<p>Contatti: <a href="http://cultura@ingegnicultura.it/">cultura@ingegnicultura.it</a></p> L’arte casearia e i formaggi tipici ibleitag:ingegniculturamodica.ning.com,2012-01-16:3900264:Topic:450072012-01-16T20:33:46.680Zmario giovanni incatasciatohttp://ingegniculturamodica.ning.com/profile/mariogiovanniincatasciato
<h3>Agroalimentare volàno dell’economia siciliana</h3>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">Il settore agroalimentare siciliano può diventare ,nei prossimi anni, un elemento trainante per l’economia</span> <span style="font-family: Arial;">dell’Isola puntando sulle produzioni esclusive e sulla loro autenticità.<br></br> L’agrumicultura ha rappresentato e rappresenta un forte veicolo di promozione della Sicilia ma indirettamente può costituire, attraverso le arance…</span></p>
<h3>Agroalimentare volàno dell’economia siciliana</h3>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">Il settore agroalimentare siciliano può diventare ,nei prossimi anni, un elemento trainante per l’economia</span> <span style="font-family: Arial;">dell’Isola puntando sulle produzioni esclusive e sulla loro autenticità.<br/> L’agrumicultura ha rappresentato e rappresenta un forte veicolo di promozione della Sicilia ma indirettamente può costituire, attraverso le arance rosse, un’ulteriore occasione per altre produzioni di eccellenza.<br/></span></p>
<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;"><img src="http://www.ingegnicultura.it/public/immagini/caciocavallo2.jpg" alt="" height="53" width="135" align="left"/>Pensiamo ai <span style="font-weight: bold;">formaggi</span> prodotti dalle nostre aziende che hanno salvato la grande tradizione dei vecchi caseari e continuano a realizzare prodotti di una bontà straordinaria, genuini ed affidabili dal punto di vista della qualità. <br/> L’<span style="font-weight: bold;">arte casearia</span> si fa risalire al 700-800 a.C. quando Sumeri e Mesopotami, nel bacino del Tigri allevavano gli animali e li utilizzavano per la produzione del latte. Al tempo dei Greci e dei Romani l’arte casearia si è notevolmente evoluta.<br/> In Italia uno dei più antichi reperti caseari si fa risalire ad oltre 3500 anni fa ed è stato ritrovato a Piadena nella Pianura Padana. Trattasi di un colino in terracotta utilizzato per lo sgrondo della cagliata.</span></div>
<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">In Sicilia già Omero nell’Odissea fa riferimento al <span style="font-weight: bold;">Pecorino</span>. Durante il passaggio nella terra dei Ciclopi, Ulisse e i suoi compagni di viaggio mangiano formaggio di pecora. E questo, ancora oggi è uno dei formaggi più conosciuti ed apprezzati.<br/></span></div>
<div style="text-align: justify;">Altro formaggio molto appetibile è il <span style="font-weight: bold;">Ragusano Dop</span> , apprezzato nel mercato nazionale ed in quello statunitense in particolare. Il Ragusano si trova nei 200 punti vendita della catena “Shop Rite”, sulla East Coast, venduto al pubblico anche 40 dollari al chilo, e nei negozi d’alta gastronomia “Dean & Deluca”. Anche buyers scozzesi, ultimamente, hanno avviato contatti con aziende locali per esportare quantitativi di Ragusano, intero e grattugiato, nel loro territorio.</div>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">La storia conosciuta di questo formaggio, che potrebbe essere un derivato delle bevande acide Komos e Kumis provenienti dall’Oriente, parte dal XIV secolo, quando il fiorente commercio che interessò la parte più a Sud dell’Isola, incluse le forme a parallelepipedo del cacio asciugato a cavallo di una asse “<span style="font-weight: bold;">cosacavaddu</span>” appunto.<br/> In epoca successiva a seguito dell’editto del re Ferdinando I e della regina Isabella, nell’agosto 1492 gli ebrei confessi dovettero abbandonare i territori del Regno di Spagna, oppure ricevere il battesimo pena la vita. Ed è proprio in quel periodo che famiglie giudaiche provenienti da molti centri della Contea di Modica s’imbarcarono su alcune navi davanti al caricatore di Pozzallo, la Torre Cabrera.<br/> Questi profughi, si dice portassero poche masserizie ed il cibo sufficiente per sostentarsi durante le settimane di navigazione sul Mediterraneo.<br/> Il loro menù era costituito da pane, limoni, conserva e caciocavallo. <span style="font-weight: bold;">Formaggio</span> quest’ultimo <span style="font-weight: bold;">di latte</span></span> vaccino prodotto nella zona Sud orientale dell’Isola utilizzato quale merce di scambio nei porti e, grazie alla sua naturale predisposizione alla stagionatura quindi al consumo inoltrato, a fare parte della dieta dei naviganti. Ma è soltanto nel 1995 che a questo prodotto va il riconoscimento ufficiale con la <span style="font-weight: bold;">Denominazione di origina protetta</span>. La <span style="font-weight: bold;">Dop</span>, denominazione di origine protetta, valida solamente per i prodotti agroalimentari nasce nel <span style="font-weight: bold;">1992</span> grazie al Regolamento CEE 2081/92 della Comunità Europea.Questo Regolamento offre garanzie, ai diversi livelli, del processo produttivo- origine, provenienza delle materie prime, localizzazione e tradizione del processo produttivo- e garantisce più di ogni altra norma il consumatore.La preparazione e la stagionatura di questo formaggio avviene in un’atmosfera che richiama altri tempi, tra strumenti in legno dai nomi particolari e con un rituale fatto di gesti, abitudini e grande esperienza.Il <span style="font-weight: bold;">latte</span>, quello dell’altipiano ibleo, appena munto viene portato nel locale dove avviene la caseificazione. Il liquido inizialmente filtrato con un setaccio viene versato in un grande contenitore di legno ( <span style="font-weight: bold;">a tina</span>) e ad esso va aggiunto il <span style="font-weight: bold;">caglio</span>, d’agnello o di capretto, preparato dallo stesso casaro con un mestello in legno “<span style="font-weight: bold;">u pisaquagghiu</span>”. Dopo circa un’ora il latte coagula sotto l’azione del caglio e determina alla superficie <span style="font-weight: bold;">la cagliata</span>. A questo punto il casaro con la” <span style="font-weight: bold;">ruotula</span>” ( un’asta in legno che termina a forma di disco) agita questo strato gelatinoso (la cagliata) fino a romperla e a ridurla in granuli piccolissimi.Al tutto, con un mestolo in rame “ <span style="font-weight: bold;">Iaruozzu</span>”, viene aggiunta acqua a ottanta gradi per una primacottura. A questo punto la cagliata viene depositata dentro le “<span style="font-weight: bold;">vascedde</span>”, canestri di vimini, da cui viene fatto uscire il <span style="font-weight: bold;">siero liquido</span> dal quale con l’aggiunta del <span style="font-weight: bold;">10% di latte</span>,con apposita lavorazione,si ricava la <span style="font-weight: bold;">ricotta</span>. Successivamente la cagliata viene sottoposta ad una seconda cottura, sempre a ottanta gradi, della durata di un paio d’ore, per essere di nuovo inserita nelle vascedde per completare il filtraggio del siero. Qui viene lasciata riposare per venti ore per far maturare il giusto grado di acidità e di sapore.Successivamente arriva il momento in cui la parte densa, <span style="font-weight: bold;">tuma</span>, viene tagliata a fette e posta nello <span style="font-weight: bold;">staccio</span>, recipiente in legno o in rame, e su essa va versata acqua calda che serve a far filare la pasta, grazie alla “<span style="font-weight: bold;">manuvedda</span>”, arnese di legno a forma di pala. E’ qui che il casaro mette in moto le sue mani, saldando l’estremità della pasta e facendo in modo di eliminare dalla sua superficie le eventuali bolle d’aria o smagliature che possono essersi create. Ancora calda la forma di formaggio viene posta nella “<span style="font-weight: bold;">mastredda</span>”, contenitore di legno per la formaturadei formaggi, dove riposerà un giorno ed una notte interi, asciugandosi ed assumendo la tipica forma a parallelepipedo. Il peso in genere è compreso fra i 12 ed i 16 chili, raddoppiato rispetto alle lavorazioni di un tempo.Le forme vengono immerse poi su piccole vasche d’acqua e di sale per la prima salatura.Restano in questo stato di salamoia da due a otto giorni, in funzione del loro peso, e infine vengono portati alla stagionatura in locali spesso ricavati in grotte naturali. Nei centri di stagionatura avviene la seconda salatura per la durata di trenta giorni circa. Quando si ritiene che il formaggio sia arrivato al momento giusto della maturazione lo si appende a coppia con “<span style="font-weight: bold;">liame</span>” a cavallo di travi di legno. Qui viene lasciato maturare per un periodo che va da quattro mesi ad un anno. Il sapore è delicato nelle forme giovani, molto intenso in quelle invecchiate. Particolarmente pregiata è la produzione tradizionale con <span style="font-weight: bold;">latte di mucca modicana</span>, razza locale, fatta pascolare allo stato brado nei pascoli dell’altopiano ibleo.Questo mio contributo sull’arte casearia negli Iblei assume un particolare significato in quanto legato a ricordi e sensazioni scolpiti, in maniera indelebile, nel cuore e nella mente.Erano gli anni cinquanta del 1900 quando a Modica nacquero i primi caseifici della provincia di Ragusa, il<span style="font-weight: bold;">" Madonna delle Grazie</span>" e dopo il "<span style="font-weight: bold;">Sant’Antonio"</span>, entrambi fondati con il concorso di <span style="font-weight: bold;">Emanuele Incatasciato</span>, mio padre, pioniere dell’arte casearia negli iblei e uno degli artefici della valorizzazione di quel caciocavallo che poi è stato denominato nel tempo Ragusano <span style="font-weight: bold;">.</span>A quella epoca la richiesta di questo tipo di formaggio non era notevole in quanto la gente era orientata a tipologie molto più dolci e di facile digeribilità. Quindi nel nostro caseificio si producevano prevalentemente <span style="font-weight: bold;">provolette</span>, <span style="font-weight: bold;">caciottine</span>, <span style="font-weight: bold;">cagliata</span>, <span style="font-weight: bold;">burro</span> , <span style="font-weight: bold;">mozzarella</span>, <span style="font-weight: bold;">ricotta</span> prodotti molto richiesti ed apprezzati non solo a livello regionale ma anche nel resto d’Italia e soprattutto all’estero.Oggi il disciplinare per la realizzazione del Ragusano prevede una percentuale di sale non superiore al 6% e per il semistagionato si ferma al massimo al 4%.A produrre questo tipo di formaggio oggi sono una trentina di aziende, la maggiore delle quali- la <span style="font-weight: bold;">Ragusa latte</span>- caseifica da sola il 60%. Il <span style="font-weight: bold;">Co.R.Fi. La.C</span>, <span style="font-weight: bold;">Consorzio <img src="http://www.ingegnicultura.it/public/immagini/caciocavallo.jpg" alt="" height="86" width="111" align="left"/>Ricerca Filiera Lattiera Casearia</span> a carattere regionale con sede a <span style="font-weight: bold;">Ragusa</span>, svolge dagli anni novanta studi sulle produzioni lattiero casearie tradizionali siciliane, seguend un approccio di filiera. L’obiettivo finale è quello di elevare le produzioni caseari e storiche, ottenute con processi tradizionali, a delle vere opere d’arte da annoverare tra i beni culturali italiani. Il Corfilac studia le specificità territoriali che caratterizzano i formaggi storici siciliani e tra questi il formaggio Ragusano e il Pecorino siciliano.Ultimamente il Consorzio Corfilac è impegnato in due progetti a livello internazionale: uno nelle aree rurali del <span style="font-weight: bold;">Benin</span>, l’altro in <span style="font-weight: bold;">Algeria</span>. Entrambi sono modelli di studio prevalentemente di tipo socio-culturale e tecnico-scientifico.Il Consorzio ultimamente è impegnato anche alla realizzazione della prima <span style="font-weight: bold;">Cacioteca regionale</span> in Italia. Trattasi di una struttura in cui verranno ricreati gli ambienti storici di stagionatura dei principali formaggi tradizionali siciliani e non solo.Prosegue attivamente anche l’attività sperimentale del “<span style="font-weight: bold;">Progetto scuola</span>”, rivolta agli Istituti scolasticicon due attività ludico didattiche “<span style="font-weight: bold;">Casaro per un giorno</span>” e i “<span style="font-weight: bold;">Laboratori del gusto</span>”. La prima attività permette agli studenti di scoprire tutte le fasi di lavorazione del latte, mentre i laboratori del gusto nient’altro sono che dei percorsi di degustazione didattica in abbinamento al gioco. Con questa tecnica, i giovani studenti imparano a diventare veri e propri assaggiatori di formaggi.</p>
<p> </p> I dolci tradizionali della Contea di Modicatag:ingegniculturamodica.ning.com,2011-12-21:3900264:Topic:444502011-12-21T19:04:02.212Zmario giovanni incatasciatohttp://ingegniculturamodica.ning.com/profile/mariogiovanniincatasciato
<p><small><span style="font-family: Arial;">A Natale, come è consuetudine, e come accade per ogni festa importante i <span style="font-weight: bold;">dolci</span> rivestono un ruolo di</span> primissimo piano. Non c’è, infatti, pranzo importante o cena che non trovi il suo epilogo in manufatti dolciari di raro pregio e gusto. I <span style="font-weight: bold;">dolci a Modica</span> sono la testimonianza ed il frutto di un’antica eredità di invenzioni, straordinariamente fedeli a suggestioni…</small></p>
<p><small><span style="font-family: Arial;">A Natale, come è consuetudine, e come accade per ogni festa importante i <span style="font-weight: bold;">dolci</span> rivestono un ruolo di</span> primissimo piano. Non c’è, infatti, pranzo importante o cena che non trovi il suo epilogo in manufatti dolciari di raro pregio e gusto. I <span style="font-weight: bold;">dolci a Modica</span> sono la testimonianza ed il frutto di un’antica eredità di invenzioni, straordinariamente fedeli a suggestioni autoctone che inseriti nel più ampio circuito dell’etnostoria mediterranea, divengono voci e veicoli di una migliore conoscenza di questa meravigliosa terra.La Contea di Modica, che in età feudale comprendeva una vasta zona della Sicilia, è un’area dove, nel corso dei secoli, gli usi dell’alimentazione sono divenuti cucina e le umili tradizioni della tavola sono state da sempre mantenute vive e vengono arricchite nel tempo.Questa terra fertile e soleggiata, condizionata nel passato da vicende storiche che l’hanno vista vittima e protagonista, con la sua genuinità può dare notevole valenza ad un piatto contadino, magari accoppiato di gusti ben assortiti, o ad un dolce forse non aristocratico ma probabilmente più appetibile di un altro di costoso pregio.</small></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;"><img src="http://www.ingegnicultura.it/public/immagini/dolci%20Modica.jpg" alt="" height="250" align="left" width="171"/>Qui hanno operato ed operano generazioni di dolciari ,detti “cosaruciari”, che hanno dato vita ed incrementato un’antica attività, arrivando a competere con i più affermati artigiani del dolce di Catania, Palermo e perfino di Torino e Perugia.<br/></span> La <span style="font-weight: bold;">cioccolata</span>, rigorosamente realizzata secondo un vecchio metodo ancora praticato in Spagna, ne parlano nei loro scritti <span style="font-weight: bold;">Sciascia e Bufalino</span>, costituisce un retaggio medioevale che testimonia la massiccia presenza degli spagnoli in questo territorio. <span style="font-family: Arial;"><span style="font-weight: bold;">L’originaria ricetta del cioccolato Azteco oggi in Europa si è conservata solo a Modica</span> ed in una cittadina spagnola Agramunt. Per gustare un tipo di cioccolato simile a quello che trovarono gli spagnoli al loro arrivo in Messico bisogna venire a Modica. Il procedimento di lavorazione “a freddo” del cioccolato venne introdotto proprio dagli spagnoli durante la loro dominazione in Sicilia, e oggi non è cambiato.<br/> Il sistema di lavorazione si è tramandato nel tempo sia nelle dolcerie che nei monasteri, affiancato dalla produzione di altri dolci: <span style="font-weight: bold;">biscotti di mandorla</span>, <span style="font-weight: bold;">frutta martorana</span>, nonché <span style="font-weight: bold;">cobaita</span>, <span style="font-weight: bold;">cedrata</span> e <span style="font-weight: bold;">aranciata</span>, <span style="font-weight: bold;">tipici e rinomati dolci al miele</span>. <span style="font-weight: bold;">Miele di</span></span> <span style="font-family: Arial;"><span style="font-weight: bold;">timo</span>, ibleo d.o.c. immortalato nelle opere di Ovidio, Virgilio e Parini. In questi dolci, strettamente natalizi, l’elemento base è il miele accompagnato dalle “scorze” di agrumi(arance, cedro). Ecco allora la rinomata <span style="font-weight: bold;">cedrata o “petrafennula”</span> e l’aranciata anch’essa di antica tradizione. Ma fra i dolci di miele natalizi non può</span> mancare la <span style="font-weight: bold;">cobaita</span>, “cubbaita”in dialetto, fatta di <span style="font-weight: bold;">semi di sesamo</span> <span style="font-weight: bold;">cotti nel miele</span>. <span style="font-family: Arial;">Fra i biscotti che hanno resa famosa la produzione dolciaria modicana nel mondo c’è la “<span style="font-weight: bold;">mpanatigghia</span>”. Singolarissimo pasticcino di pasta frolla farcito oltre che con il cioccolato modicano con controfiletto di manzo cotto in forno, tritato e unito a cioccolato fuso, mandorle</span> <span style="font-family: Arial;">tritate, zucchero, uova e chiodi di garofano. Trattasi di un dolce,unico nel suo genere, che potremmo definire “da viaggio”Con questo fine fu inventato. Qualcosa di simile viene tuttora confezionato nella Catalogna con il nome di “panatiglias”. La variegata produzione della dolceria modicana contiene una vasta gamma di dolci</span> comprendente anche la <span style="font-weight: bold;">frutta Martorana</span>, <span style="font-weight: bold;">pasta di</span> <span style="font-weight: bold;">mandorla modellata a forma di frutta</span>, un tempo preparata il 2 novembre ,giorno della commemorazione dei morti, per scopi devozionali e destinata ai bambini. Oggi ,grazie al turismo, viene preparata tutto l’anno ed è dolce emblema della Sicilia. Anch’esso, comunque, espressione di una civiltà contadina ove la frutta ha il significato della natura fertile, prodiga di doni per l’uomo. <span style="font-family: Arial;">Il nome Martorana deriva dal convento omonimo di Palermo, dove nel 1308 in occasione della visita di papa Clemente V in Sicilia le suore prepararono la pasta reale.<br/></span> <span style="font-family: Arial;">Dolci natalizi sono anche la “<span style="font-weight: bold;">liccumia</span>” e “<span style="font-weight: bold;">i dolcetti del conte</span>”. La “liccumia” è una raviola di pasta frolla con ripieno di melanzane, cioccolato modicano e aromi vari, mentre “ i dolcetti del conte” vengono realizzati con pasta di mandorle preparata con un antico metodo e con la ben nota pasta</span> amara di cacao. Altro dolce, tipico della zona, anche se diffuso in tutta l’Isola è il “<span style="font-weight: bold;">dolce di riposto</span>”, o da ripostiglio o da dispensa. Fatto di pasta reale, assume forme varie ed è tra quelli venduti tutto l’anno nelle variopinte e fantasmagoriche proposte di colori e sapori. <span style="font-family: Arial;">Questo è l’incontaminato regno dell’arte dolciaria modicana dove non è facile dire fino a che punto il gusto raffinato dei dolci, realizzato secondo genuine ricette, si sia mantenuto. Quello che è certo è che l’immensa passione ed amore con i quali i nostri artigiani si dedicano alla realizzazione di questi piccoli capolavori del gusto ha fatto si che la città è nota in tutto il mondo per la</span> <span style="font-family: Arial;">sua tradizione dolciaria . La loro abilità li porta ad un’accurata ricerca degli ingredienti genuini e naturali che</span> fanno di “<span style="font-weight: bold;">nucatoli</span>”,”<span style="font-weight: bold;">mustazzola</span>”,<span style="font-weight: bold;">torroni</span>, <span style="font-weight: bold;">torte</span>, <span style="font-weight: bold;">cassate e cannoli</span>, espressioni supreme del gusto. <span style="font-family: Arial;"><span style="font-weight: bold;">Guido Piovene</span> scriveva “ <span style="font-weight: bold;">Mi incantai a guardare quei dolci coloriti, pingui, nutritivi; cassate di ogni qualità, conchiglie di pistacchio, cavolfiori di crema, fanno parte del barocco siciliano. Alcuni nomi ricordano eventi guerrieri. I cavolfiori gonfi si chiamano “teste di</span></span><span style="font-weight: bold;"> </span> <span style="font-family: Arial;"><span style="font-weight: bold;">turco” e procurano facili vittorie sugli infedeli</span>”. Questa, una delle tante citazioni dotte sui dolci iblei</span> .</p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: Arial;">In questo periodo natalizio i pasticceri sono chiamati a veri e propri tour de force per soddisfare le richieste,</span><span style="font-family: Arial;">di gente del posto e turisti, sempre più esigenti ed attenti alla genuinità e ai classici sapori. Un compito sicuramente arduo che tuttavia viene assolto brillantemente da veri e propri professionisti del dolce che operano a Modica ed in provincia e che rappresentano il fiore all’occhiello per l’intera Sicilia.<br/></span></p>
<p style="text-align: justify;"> </p> I dolci natalizitag:ingegniculturamodica.ning.com,2011-12-21:3900264:Topic:444482011-12-21T18:58:00.116Zmario giovanni incatasciatohttp://ingegniculturamodica.ning.com/profile/mariogiovanniincatasciato
<p>I dolci natalizi della tradizione siciliana, bontà culinarie fra frutta secca, miele e ricotta:</p>
<p>CUCCIA,BUCCELLATO,COBAITA e MOSTACCIOLI, senza dimenticare cassate e cuddureddi</p>
<p><a target="_self" href="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061608099?profile=original"><img width="750" class="align-full" src="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061608099?profile=RESIZE_1024x1024" width="750"/></a></p>
<p>I dolci natalizi della tradizione siciliana, bontà culinarie fra frutta secca, miele e ricotta:</p>
<p>CUCCIA,BUCCELLATO,COBAITA e MOSTACCIOLI, senza dimenticare cassate e cuddureddi</p>
<p><a target="_self" href="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061608099?profile=original"><img width="750" class="align-full" src="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061608099?profile=RESIZE_1024x1024" width="750"/></a></p> Degustazioni al Museo Campailla. A grande richiesta ritorna la ricotta caldatag:ingegniculturamodica.ning.com,2011-09-08:3900264:Topic:323062011-09-08T06:34:59.805Zmario giovanni incatasciatohttp://ingegniculturamodica.ning.com/profile/mariogiovanniincatasciato
<p>Lo scenario del Museo Tommaso Campailla, che ha rappresentato il valore aggiunto dell’intera iniziativa, farà da cornice ideale e suggestiva al penultimo Aperitivo ad Arte, l’appuntamento settimanale che ha riscosso tanto consenso di pubblico in questi mesi.</p>
<p><b>Giovedì 8 settembre</b> alle 19.30 verrà inaugurata la Mostra Personale di Fotografia “Laiv” di <b>Adele Statello</b>.</p>
<p>La serata verrà ulteriormente impreziosita dalla presenza del The Jazzset Ensemble che si esibirà in…</p>
<p>Lo scenario del Museo Tommaso Campailla, che ha rappresentato il valore aggiunto dell’intera iniziativa, farà da cornice ideale e suggestiva al penultimo Aperitivo ad Arte, l’appuntamento settimanale che ha riscosso tanto consenso di pubblico in questi mesi.</p>
<p><b>Giovedì 8 settembre</b> alle 19.30 verrà inaugurata la Mostra Personale di Fotografia “Laiv” di <b>Adele Statello</b>.</p>
<p>La serata verrà ulteriormente impreziosita dalla presenza del The Jazzset Ensemble che si esibirà in Piazza Campailla a partire dalle 21.30. Formazione di esperienza storica e pionieristica della cultura afro-americana locale, “<b><i>The</i></b> <b><i>Jazzset Ensemble”</i></b> rappresenta una delle punte più avanzate del territorio in campo jazzistico.</p>
<p>Nel corso della serata, a grande richiesta ai partecipanti sarà offerta gratuitamente una <b>degustazione di prodotti tipici</b> del territorio fra cui <strong>pane di casa e ricotta calda</strong> <b>dell’Azienda Agricola Bussello</b> affiliata ai Mercati Contadini. Il tutto accompagnato dal vino tipico locale la cui degustazione è offerta dalla Camera di Commercio di Ragusa, partner della Rassegna.</p>
<p><a target="_self" href="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061607921?profile=original"><img class="align-full" src="http://storage.ning.com/topology/rest/1.0/file/get/2061607921?profile=original" width="450"/></a></p>