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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

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Le tre stufe non sono altro che tre botti costruite con un legno spesso 2 cm del quale si ignora la natura e che a tutt’oggi resta, dopo 300 anni, intatto e durissimo. Interamente avvolte da un duro impasto di non chiara composizione dello spessore di 20 cm, le stufe si animavano nel passato in primavera ed in autunno, forse i periodi ottimali per il loro impiego.

Se osserviamo le tre stufe dall’alto, esse si presentano come tre sinistri ed anneriti parallelepipedi con la sommità foggiata a cupoletta.

Nel corso dei secoli di stufe come quelle del Campailla ne vennero costruite sia a Modica che in Italia e all’estero. Perché nessuna di esse è mai funzionata? Perché solo le tre costruite dal Campailla hanno dato positivi risultati? Quale misteriosa e salutare reazione chimica avveniva in esse? Ma forse forse il loro segreto sta proprio in quelle tre cupolette, in quei tre misteriosi cappelli da prete.

Dopo 300 anni di silenzio, è solo oggi possibile dire qualcosa sul modo come esse venivano usate e sui risultati conseguiti.

In un cortiletto scoperto si bruciavano in un braciere grossi pezzi di carbone forte. Il fuoco veniva al momento giusto introdotto nella stufa. Raggiunti i 60-70 gradi il braciere veniva ritirato e cedeva il posto al malato che entrava tenendo in mano una lucerna ad olio che appendeva ad un chiodo fissato nella botte che serviva per farsi luce e nell’altra un piccolo braciere colmo di fuoco ardente che posava tra le sue gambe, mentre egli si sedeva su una minuscola sedia priva di spalliera.

All’epoca del Campailla i Francesi, per curare le malattie luetiche, usavano una botte in botte in legno dentro la quale bruciavano mercurio e nella quale il malato chiudeva il busto e gli arti, ma non la testa che restava libera, coperta solo da un panno. Il modicano andò oltre e costruì la sua botte in modo che il malato restasse completamente chiuso in essa.

Campailla bruciava nella sua stufa cinabro ed incenso. La cartina per la prima fumigazione era di mezzo grammo di cinabro e di un pizzico di incenso. L’incenso pare servisse per rendere l’aria più respirabile, mentre del primo si imbeveva tutto il corpo del malato. La dose di cinabro veniva raddoppiata la volta successiva. Le fumigazioni erano normalmente 9 e venivano praticate a giorni alternati. Nei casi più gravi si praticavano fino a 12-13 fumigazioni e si usavano fino a 12 grammi di cinabro. Il malato riceveva il miscuglio di cinabro e di incenso attraverso uno spioncino posto nella parte bassa della porta, mentre attraverso lo spioncino posto nella parte alta della porta egli veniva continuamente controllato dato che non tutti sopportavano le fumigazioni. A pizzichi la mistura veniva lasciata cadere dal paziente nel bracierino. Dieci minuti dopo il suo ingresso, il malato veniva fatto uscire e stendere sul suo letto, dove continuava le sudorazioni.

La penicillina finì col condannare le stufe all’abbandono ed al totale oblio.

Ma perché Modica ha condannato quella stanza all’abbandono ed all’oblio? In verità Campailla è stato per i Modicani un Giano bifronte: da una parte il genio, l’uomo di cultura, dall’altra l’uomo che lega il suo nome ad un male che desta orrore e disgusto al solo pronunziarlo. Questo secondo aspetto forse ha finito col nuocergli.

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