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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca


Il  teatro anatomico di Modica fu opera di don Giuseppe Pediligeri che nel 1600 ufficiava nella Chiesa di San Giovanni Battista, chiesa che col tempo si sarebbe chiamata Cinema Moderno.

Di don Giuseppe Pediligeri, medico e sacerdote, che sicuramente viveva nel futuro, non sappiamo niente.
Acquistato il suolo adiacente la chiesa di San Giovanni Battista vi costruì l'Ospedale di Santa Maria della Pietà che un giorno sarebbe diventato
l'Ospedale "Campailla".
E' esso, forse, il più antico ospedale d'Italia, dove si curavano principalmente le malattie luetiche.
Lo costruì esclusivamente per i poveri che incontrava giornalmente per le vie di Modica e dei quali nessuno si curava.
Egli era sicuro che quello ospedale che costruì con i più moderni criteri del tempo sarebbe diventato famoso e che grandi medici vi avrebbero
tenuto lezioni di medicina.
Fu così che egli fece costruire un teatro anatomico dove tennero lezioni di anatomia i colossi della Scuola medica modicana: Diego Matarazzo, Tommaso Campailla, Gaspare Cannata, Michele Gallo, Pietro Polara.
Nel 1698 Tommaso Campailla si presentò all'ospedale con una o forse con tre stufe mercuriali per la cura delle malattie luetiche e di Modica si parlò in tutti i trattati di medicina.
Il teatro anatomico modicano, costruito nel 1600, si trova, come già detto presso l'ex ospedale Campailla, al pianterreno, nel cortile interno, accanto alle due splendide pile in pietra dove nel passato le recluse ivi allocate per avere troppo ed animalescamente amato, risciacquavano i loro cenci e le loro miserie.
La stanza è lunga 10 metri e larga metri 3,40.
Il soffitto è a botte.
Due gradini posti a metà stanza, nella parte posteriore, sollevano il pavimento di ben 35 centimetri.
Il secondo ambiente è inspiegabilmente solcato, per tutta la sua lunghezza
da un muro largo centimetri 50, alto metri 3,15 e lungo metri 4,55.
Colpisce subito il fatto che il muro non cada al centro come uno si aspetterebbe
per motivi estetici, ma più a sinistra del centro, creando in tal modo due ambienti irregolari.
Per tirare le somme, gli ambienti in quello stanzone sono tre: il primo largo metri 3,20, il secondo metri 1,26, il terzo metri 1,78.
Sorge spontanea una domanda senza risposta: a che cosa servivano quei due ambienti posti dietro?
Perchè sono asimmetrici come uno non si aspetterebbe? Perchè sono strutturati
in quel modo? Si è sempre detto che lì dentro si studiava il corpo umano.
Ma dove era collocato il tavolo anatomico?
Dove si poneva l'operatore che, stando così le cose non poteva avere spettatori per mancanza di spazio?
Poi un giorno scocca l'ora X della creatività.
Con la rapidità del lampo mi rendo improvvisamente conto che quel misterioso muro che ho osservato decine di volte non ha niente a che vedere con la struttura dell'ambiente nel senso che esso sarà stato elevato chissà quando ma non nel 1600 sicuramente per motivi statici, per sorreggere la volta pericolante e di colpo, eliminato con l'immaginazione quel muro, l'ambiente si illumina, si trasforma in un
palcoscenico con davanti due gradini sui quali si accalcano gli studenti.
Il tavolo anatomico cambia posizione e si allinea ai due gradini in modo tale che gli spettatori possono guardare in faccia quel povero morto da quattro soldi mentre un operatore qualsiasi, forse don Tommaso Campailla, dall'altra parte del tavolo affonda sicuro il suo rasoio nelle viscere del defunto per scoprire il bubbone che lo aveva portato alla tomba.
Quando per la prima volta varcai la soglia del teatro anatomico esso conteneva materiale in disuso e polvere a non finire.
Mi rimboccai le maniche e portai un pò di ordine.
Del teatro restava solo il tavolo che stava a terra nel cortiletto scoperto.
Un giorno lo riportai dentro, operazione questa non facile.
Si trattava di una gigantesca lastra di pietra pesante 400 chili, lunga 2 metri, larga metri 0,77, spessa centimetri 14 con le estremità arrotondate e provvista di un piccolo canale che accoglieva i liquidi e li faceva defluire.
Dopo tempo mi decisi al gran passo.
Aiutato da due manovali che avevano idee molto vaghe sulla malta e sulla sua
composizione, sul metro lineare e sulle leggi della gravità feci innalzare due muretti e vi feci porre sopra il tavolo.
Il tutto si rivelò sproporzionato, rozzo, completamente negativo: un ibrido del quale ebbi solo modo di vergognarmi.
Recitai il mea culpa e mi rimisi al lavoro.
Oggi le cose sono cambiate.
Il tavolo è stato abbassato di centimetri 12 e raggiunge gli 80 centimetri.
Le sue gambe si sono pudicamente infilate dentro lastre di pietra di Comiso ed esso si è anche reso gradito agli occhi.
Certo lì dentro l'ambiente è tetro e austero.
La morte aveva sempre il sopravvento.
Ma se pensiamo alla cultura medica che ivi veniva profusa a piene mani tutto si illumina e si fa bello.
Matarazzo, Campailla, Cannata, Gallo e Polara sicuramente hanno per anni vagato nell'etere nell'attesa che qualcuno aggiustasse la loro stanza di lavoro.
Sono certo che essi saranno i soli a gioire del nuovo look del tavolo.
Certo, la prima impressione che si ha del teatro anatomico è di una grotta.
Il teatro è in verità costruito come una grotta.
Nel passato i primi teatri erano allocati dentro grotte costruite da madre natura.
Nella stanza colpiscono subito il monumentale tavolo anatomico in pietra, lo
scheletro alla sua destra sul quale erano costantemente posati gli occhi del dissettore essendo esso un punto di riferimento nel suo lavoro e le cinque interessanti stampe poste sulla parete di sinistra.
La prima stampa mostra un teatro anatomico situato dentro ad una grotta.
La seconda stampa presenta una autopsia effettuata nel teatro di Padova da Andrè Van Wesele che gli Italiani ribattezzarono Andrea Vesalio.
Molti spettatori sono rappresentanti del clero ai quali Vesalio non era accetto dato che egli non condivideva le idee di Galeno.
Si vede Vesalio, dominatore della scena, davanti ad una pancia aperta debordante budella.
Alcuni animali posti in primo piano dicono che su di essi verranno effettuati esperimenti.
Pochi banchi più in alto di Vesalio c'è un giovane artista, un allievo di Tiziano che su un taccuino fa uno schizzo della dissezione: si tratta di
Jan Stephan Van Calcar i cui disegni andavano a ruba
ricerca storica a cura del prof. Valentino Guccione

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