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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

A Modica la storia del Teatro Garibaldi  inizia nel 1820 come risultato dell’accorpamento di un magazzino della famiglia di Don
Michele Rizzone e di una casa di Don Ignazio Linguanti, entrambi
nobili. Gli ordini dei palchi a quell’ epoca sono appena due, la platea
è angusta per cui già dal 1833 l’amministrazione progetta una prima
modifica. Nel 1857 l’ampliamento effettuato con i fondi comunali,
integrati con il contributo di cittadini più abbienti, è una realtà: la
platea è più larga, gli ordini dei palchi

sono passati da due a tre e in alto viene aggiunto il loggione. Numerosi gli architetti e tecnici che hanno
contribuito a realizzare negli anni l’attuale edificio, inattivo per
circa un ventennio, riaperto dopo un lungo restauro nel 2004
e oggi finalmente fruibile dopo un ulteriore intervento finalizzato al
soddisfacimento di norme di sicurezza. Nel 1820 fu tecnico Cantore Mazza, nel 1824 Lorenzo

Cavilli, nel 1844 l’ingegnere Salvatore Riga e nel 1847 l’architetto Salvatore Toscano. Il prospetto fu realizzato secondo moduli neoclassici e le decorazioni
in stucco ed oro del soffitto e dei palchi furono affidate a Corrado Malfa, quelle dell’arco tonante al palermitano Calcedonio Li Greci ed il sipario, raffigurante la vittoria dell’Italia sulle potenze asburgiche, è opera del pittore ragusano Giuseppe Di Stefano. Riapre nel 1857 con la “Traviata” di Giuseppe Verdi e nel 1860 viene intitolato a Giuseppe Garibaldi. Chiuso e riaperto diverse volte, negli anni novanta del Novecento si
avvia un lungo lavoro di restauro con l’intento di restituirgli non
solo la sua identità ma anche la sua funzione. Eliminata la tribuna
sono stati ripristinati tre

ordini di palchi e la galleria; sono stati rifatti il tetto e la volta, utilizzando materiali tradizionali,
sono stati rimessi  a nuovo l’impianto di illuminazione, le tappezzerie
e, parzialmente, la pavimentazione.

Gli interventi più delicati sono stati quelli decorativi eseguiti con la consulenza dell’Istituto Nazionale per il restauro di Firenze. Il problema era quello di armonizzare la decorazione con la struttura
ottocentesca e con il tondo centrale del soffitto, un dipinto, 
realizzato da Piero Guccione con la collaborazione di Franco Sarnari, Piero Roccasalva e Giuseppe Colombo.  La scelta è caduta su Giorgio Modica, un abile decoratore che ha progettato e realizzato le decorazioni della platea e dell’ingresso. Gli interventi rimandano al gusto decorativo ottocentesco:
motivi floreali stilizzati sui toni dell’ocra e dell’azzurro sul
soffitto;  medaglioni raffiguranti Beethoven, Mozart, Verdi, Bellini,
paesaggi e puttini, musicisti, ai lati e nelle sale d’ingresso.

 Il tondo del tetto realizzato, come detto, da Guccione  con altri esponenti della “Scuola di Scicli”, gruppo consolidato nel panorama pittorico contemporaneo, raffigura la sagoma del Duomo di San Giorgio, luogo simbolo della città, in cima ad una scalinata enfatizzata da una
potente inquadratura prospettica dal basso. Sulla scalinata si
dispongono alcuni personaggi che rimandano al mondo dell’arte e della
lirica, il Macbeth verdiano, il Messia di Hendel, il Don Giovanni di Mozart,
e qua e là altre sagome senza nome e senza volto con gatti, colombi e
fiori. Un insieme,voluto , di teatralità con uno spazio scenico  dove i
personaggi, distribuiti con sapiente regia, rimandano ad un convegno in
un imponente scenario barocco. L’inserimento di opere contemporanee in
spazi architettonici dell’Ottocento ha illustri precedenti nell’Opera
di Parigi e nel più vicino teatro Vittorio Emanuele Di Messina.
Mario Incatasciato

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