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Un viaggio nel cuore della meravigliosa Sicilia Barocca

Così scriveva lo scrittore Elio Vittorini su Scicli nel suo romanzo incompiuto Le Città del mondo

 

 

« Uno degli anni in cui noi uomini di oggi si era ragazzi o bambini, sul tardi d'un pomeriggio di marzo, vi fu in Sicilia un pastore che entrò col figlio e una cinquantina di pecore, più un cane e un asino, nel territorio della città di Scicli.
Questa sorge all'incrocio di tre vallini, con case da ogni parte su per i dirupi, una grande piazza in basso a cavallo del letto d'una fiumara, e antichi fabbricati ecclesiastici che coronano in più punti, come acropoli barocche, il semicerchio delle altitudini. È nell'estremità sud-orientale dell'isola; e chi vi arriva dall'interno se la trova d'un tratto ai piedi, festosa di tetti ammucchiati, di gazze ladre e di scampanii; mentre chi vi arriva venendo dal non lontano litorale la scorge che si annida con diecimila finestre nere in seno a tutta l'altezza della montagna, tra fili serpeggianti di fumo e qua e là il bagliore d'un vetro aperto o chiuso, di colpo, contro il sole...Ma la pietra la lasciò cadere, appena arrivato. Il volto di Rosario si era alzato radioso dinanzi ai suoi piedi dalla roccia che scendeva tra cielo e cielo. Insieme gli si era aperta dinanzi la città di Scicli, con le corone dei santuari sulle teste dei tre valloni, con le rampe dei tetti e delle gradinate lungo i fianchi delle alture, e con un gran nero di folla che brulicava entro a un polverone di sole giú nel fondo della sua piazza da cui parte e s'allarga verso occidente un ventaglio di pianura. Rosario era felice, indicandola al padre, come se avesse temuto di vederla svanire prima del suo arrivo.... Abbracciò il cane al collo, in un gesto di entusiasmo, e di nuovo indicò tutta la valle di case; poi i quartieri delle pendici ch'erano deserti e immobili nell'azzurro dell'ombra; poi la folla ch'era in fondo, immersa nel sole, e in essa indicò l'origine della musica che s'udiva vibrare ogni tanto, filtrata dalle diecimila stanze vuote e dalle gole d'organo della montagna.
«Ma che cos'è? - domandò - È
Gerusalemme
Aveva negli occhi punte azzurre di sole che gli impedivano di distinguere che faccia facesse suo padre. L'udí in ogni modo rispondergli: «Non so che città sia». Egli, con questo, non aveva detto che non poteva essere la Città per eccellenza: «Gerusalemme o altro che si chiamasse....Come devono essere contenti in questa città!» Esclamò Rosario....
Rosario continuava: «È la più bella città che abbiamo mai vista. Più di
Piazza Armerina. Più di Caltagirone. Più di Ragusa, e più di Nicosia, e più di Enna...»
Il padre non lo negava. Egli considerava la pietra senza dir nulla, e Rosario poté soggiungere: - Forse è la più bella di tutte le città del mondo. E la gente è contenta nelle città che sono belle.... 
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