Delusione di una comitiva di studenti ed insegnanti di Ragusa, venuti per un giro turistico in città, quando sono andati a visitare il museo di Piazza Albanese dove sono custodite le “Botti di Campailla”. I locali, appena aperti, si sono presentati ai visitatori sporchi, completamente abbandonati e solo per la passione di un ex insegnante di inglese, il prof. Valentino Guccione, ancora fruibili. “Una delusione – hanno detto i rappresentanti della comitiva – non per il valore culturale e storico delle “botti” ma per come questo museo viene tenuto. Un patrimonio abbandonato che non è inserito nemmeno in un circuito turistico”. La denuncia, in un certo senso, fa emergere, ciò che spesso è stato ipotizzato e cioè che Tommaso Campailla sia stato per i modicani un “Giano bifronte”: da una parte il genio, l’uomo di cultura, dall’altra l’uomo che lega il suo nome ad un male che desta orrore e disgusto al solo pronunziarlo.
Questo secondo aspetto forse ha influito per metterlo in disparte. Va bene, dunque, il circuito fatto di chiese, di cioccolata, di Quasimodo, di monumenti, di Poidomani, di panorami, ma non di Campailla. Il museo è conservato in una stanza di Palazzo Campailla, edificio dove è allocato l’Ufficio Tecnico del Comune, ma è aperto solo su richiesta e per la disponibilità del prof. Guccione. “Come modicana – spiega un’accompagnatrice della comitiva di Ragusa – mi sono veramente vergognata. Alle rimostranze, ho potuto solo allargare le braccia. Credo di essere arrossita”. Le tre botti costruite con un legno spesso 2 cm del quale si ignora la natura e che a tutt’oggi resta, dopo 300 anni, intatto e durissimo. Interamente avvolte da un duro impasto di non chiara composizione dello spessore di 20 cm, le stufe si animavano nel passato in primavera ed in autunno, forse i periodi ottimali per il loro impiego, servivano a curare la sifilide ma anche reumatismi e in genere qualunque forma di artrosi.