Profonde trasformazioni socioculturali hanno determinato la
crisi irreversibile che ha investito la cultura tradizionale
siciliana.
Il carretto è un mezzo di lavoro ormai in disuso: è quasi
scomparso così come scomparsi sono i suggestivi, elaborati
ed arcaici canti che accompagnavano il duro lavoro del
carrettiere.
Fino a non molti decenni fa le merci venivano trasportate con il
carretto: prodotti per la campagna, per l’edilizia, il
concime, il carbone, il sale, lunghi percorsi attraverso
trazzere, "stratuna" in solitudine, a volte
per diversi giorni, con l’unica compagnia il cavallo... e
le canzoni, fino ai "fondaci", luoghi dove
fermarsi per riposare, bere, condividendo con altri
carrettieri la fatica comune di un duro mestiere. E non
solo: nel fondaco i carrettieri si sfidavano a chi sapesse
il canto più bello, a chi aveva la migliore "carenzia"
cadenza, una perfetta emissione vocale, il rispetto per il
modello musicale tradizionale, riscuotendo il rispetto dei
compagni e la consacrazione naturale.
I cantanti, tra l’entusiamo generale completavano il loro
brano con le "chiamate" invitando altri a
continuare il canto fra un bicchiere di vino e "favi
a cunigghiu", un invito amichevole o anche
provocatorio. Canti che venivano trasmessi per generazioni
di padre in figlio, da zio a nipote.
Motivo di vanto era a
chi avesse il cavallo più potente ed abile, da qui le gare,
l’ostentazione di qualche superiorità, durante le fiere,
pellegrinaggi, feste.
I contenuti dei canti l’amore, le
pene, la gelosia, lo sdegno etc…
Elementi di competizione erano la tecnica del canto, la resistenza
fisica, la capacita di mangiare abbondantemente...
Tutto il
repertorio dei canti alla carrittera è complesso e
raffinato nelle trame melismatiche.
Oggi non ci sono più i carrettieri ma i loro canti costituiscono
una delle espressioni più importanti della musica etnica
siciliana.